Milano | Verziere – Il perduto Palazzo Trivulzio di via della Signora

La famiglia Trivulzio ha certamente fatto parte della storia di Milano. Una delle grandi casate della città e della Lombardia, originaria dell’attuale Provincia di Pavia (in particolare dal comune di Trivolzio, dal quale hanno preso il cognome), detentrice di numerosi feudi, i cui primi membri sono registrati sin dal X secolo. La casata toccò il suo apogeo nella seconda metà del XV secolo, al tempo degli Sforza, che ne favorirono l’ascesa, salvo poi essere traditi dagli stessi Trivulzio, che passarono al servizio dei Re di Francia.

Tra le varie dimore della nobile casata vi era anche un antico palazzo sito dalle parti del Veziere a Porta Tosa, odierno largo Augusto. L’edificio venne edificato tra il XIV e il XV, nel pieno dell’epoca viscontea, in forme gotiche e fu per diversi secoli dimora sontuosa dei Gallio Trivulzio. Si trovava in Contrada della Signora (oggi via della Signora), nome probabilmente dato alla strada a memoria di una grande e misteriosa benefattrice religiosa, probabilmente una monaca della famiglia dei Trivulzio, visto che all’epoca l’appellativo “Signora” veniva dato alle monache di nobile origine.

Già a partire dal Cinquecento, l’edificio fu rimaneggiato più volte, come testimonia la monumentale facciata rivolta verso la cerchia dei Navigli (secondo il Mongeri opera di Cristoforo Lombardi, detto il Lombardino), di linea barocca, composta da un corpo centrale con sei aperture e due corpi avanzati di tre aperture per piano ciascuno: questi delimitavano un giardino che si apriva sul naviglio con una terrazza e balaustra ornata di fiori e piante che a cascata scendevano sino a toccare l’acqua.

Altri interventi nello stile accademico del tempo furono eseguiti nel 1837 da Felice Pizzagalli, a cui si dovevano il sopralzo, l’ala destra e la fronte verso la chiesa di Santo Stefano, dove la lunga facciata a tre piani si apriva al piano terreno con tre grandiosi portali di stile classico, a bozze di granito. Ancora nel primo Settecento, il palazzo era uno dei punti di ritrovo degli intellettuali milanesi, che vi si riunivano regolarmente; dal 1707 vi ebbe sede l’Arcadia milanese e nel 1727 vi si tenne un congresso degli Accademici di tutta Italia, al quale prese parte anche il Metastasio.

Trent’anni più tardi, il principe Antonio Tolomeo Gallio Trivulzio (1692-1767) donò il sontuoso palazzo e istituí un ricovero a favore degli anziani poveri d’ambo i sessi e di cronici dimessi dagli ospedali, destinando il palazzo ereditato dagli avi a sede dell’istituzione, che prese il nome di “Pio Albergo Trivulzio“.

Il Pio Albergo Trivulzio aprì nel 1771, l’Albergo dei Vecchi o “Veggiòni” in milanese, accogliendo i primi cento assistiti. Tra il 1780 e il 1790, Milano fu soggetta a riforme assistenziali volute dall’Imperatore Giuseppe II, che portarono alla creazione di quattro categorie di istituzioni assistenziali, tra cui gli alberghi per i vecchi e gli incurabili.

Successivamente fu amministrato dai «Deputati dell’Ospizio dei poveri di Cristo» e diretto fino al 1799 da Gaetana Agnesi (ricordata da una lapide dettata da Emilio De Marchi); ebbe poi un amministratore unico a cui succedette la congregazione di Carità.

L’aumento del numero dei ricoverati rese necessario un ampliamento dell’edificio, affidato all’architetto regio Giuseppe Piermarini (1734-1808). Gli spazi del Pio Albergo furono così distribuiti: i locali di servizio al piano terreno e dormitori, locali per il lavoro e infermerie ai piani superiori.

Il bel palazzo, sebbene riadattato e “ammodernato”, da lungo tempo rendeva complicato l’accesso al mercato del Verziere che nel corso del tempo si era esteso oltre che nel viale propriamente detto (purtroppo andato perso per sempre), anche lungo il tratto di Corso di Porta Tosa (poi Vittoria) davanti al bel Palazzo Sormani, impedendo un passaggio diretto dal lungo e largo asse del corso verso il centro e il Verziere e da lì al Duomo. Infatti l’unico “accesso” al Verziere da Est era l’attuale e stretta Via Cesare Battisti, resa ancora più stretta da un piccolo ponticello sulla Cerchia dei Navigli.

Nel 1875 un consistente lascito di una anziana vedova, rese gonfie le esauste casse dei Veggioni. Tra le proposte che vi furono vi fu quella di spostare i pregiati ospiti in nuovi edifici da costruire fuori da Porta Vittoria e di demolire Palazzo della Signora esattamente nel mezzo, dividendolo in due e aprendo così lo spazio sufficiente a far passare un prolungamento di corso di Porta Vittoria, ovviamente costruendo un nuovo ponte sulla Cerchia dei Navigli.

L’opposizione del direttore dei Veggioni e anche di quello dei Luoghi Pii, i cui terreni sarebbero stati usati per costruire la nuova sede, fecero tramontare il progetto e il lascito venne usato per espandere Palazzo della Signora, costruendo nuove ali verso la Cà Granda e verso il Ponte di Porta Tosa, oggi via Cesare Battisti.

Sembrava così tramontata ogni speranza, quando pochi anni dopo si formò (già allora) un “Comitato di Quartiere”, formato dai proprietari delle case di corso di Porta Vittoria e dintorni, che in una apertura della nuova strada vedevano un incremento del valore dei loro immobili.

Il Comitato propose al Comune e al Pio Albergo Trivulzio di aprire un passaggio coperto, composto da tre fornici, come prolungamento del corso, stendendo un ponte e permettendo il transito verso il centro; i piani superiori sarebbero rimasti ai Veggioni. Ma come succede spesso, anche allora, tutto venne archiviato senza aprire varchi tra il orso e il Verziere, e il comitato si sciolse nel 1877.

Negli anni successivi, l’edificio subì ulteriori rimaneggiamenti e ampliamenti. Alla fine del XIX secolo, il complesso mostrava evidenti carenze in termini di spazio, igiene e comfort, quindi si decise di costruire una nuova sede altrove.

Tra il 1907 e il 1910 fu realizzato il nuovo Pio Albergo Trivulzio alla Maddalena su Via Baggina (odierna via Trivulzio), la strada per il Comune di Baggio, con un progetto degli ingegneri Carlo Formenti e Luigi Mazzocchi. Questo nuovo edificio, inaugurato il 22 maggio 1910, aderiva agli standard della moderna architettura sanitaria, con padiglioni ben collegati, arieggianti e soleggiati.

Dopo il trasferimento di tutti i reparti nel nuovo complesso della Maddalena, sempre nel 1910, il Palazzo della Signora fu ceduto al comune di Milano. Il comune sistemò nel palazzo prima la Corte d’Assise con gli Archivi Generali del Comune di Milano, poi l’ufficio dei certificati e la sede dell’Azienda elettrica municipale, mentre al n.10 era ospitata l’Ambulanza di Santa Corona.

il 30 gennaio del 1924 scoppiò un incendio, cominciato proprio nei solai del palazzo intorno alle dieci e un quarto di sera, fu rapidamente alimentato dall’incredibile quantità di carta che si trovava negli innumerevoli scaffali in legno. Dopo pochi minuti, e prima ancora dell’arrivo dei pompieri, l’intera ala sinistra dell’edificio era in fiamme. Giunti tutti i pompieri di Milano, fu giustamente scelto di salvare la metà del palazzo ancora integra, sacrificando la parte in fiamme. Fu così eretta una sorta di barriera d’acqua che salvò metà edificio.

Nel 1931 venne deciso di demolire Palazzo della Signora per collegare direttamente e finalmente il Corso di Porta Vittoria con il Verziere, ma non se ne fece nulla.

Ci pensarono i bombardamenti dell’agosto del 1943 che colpirono gravemente l’edificio, distruggendo il cortile gotico; la caduta degli strati d’intonaco sulla facciata seicentesca riportò per breve tempo alla luce altre tracce della prima costruzione, con finestre quattrocentesche a sesto acuto. Rimase in piedi il cortile quattrocentesco, con portici ad arcate ogivali su colonne ottagonali di serizzo, con capitelli gotici e finestre barocche ai piani superiori. Anche l’ala del Pizzagalli era uscita senza troppi danni dalla guerra, ma nel 1947 si demolí ogni cosa senza alcun rispetto, per prolungare il corso di Porta Vittoria e far posto al nuovo palazzo dell’Azienda Energetica Municipale, disegnato da Antonio Cassi Ramelli. Durante la demolizione del cortile tornarono alla luce preziosi affreschi della metà del Quattrocento a figure e paesaggi oggi perduti.

L’affresco ritorvato e “perduto” doveva essere molto simile a quelli presenti ancora oggi alla Bicocca degli Arcimboldi e quelli di Palazzo Borromeo.

Qui di seguito il palazzo AEM oggi sede di A2A, completato nel 1948 su progetto di Antonio Cassi Ramelli. Non ce ne voglia il buon Ramelli, ma l’antico palazzo andava sicuramente tutelato e mantenuto.

Referenze immagini: Roberto Arsuffi, Milano Sparita, 

Fonti: Testo Francesco Liuzzi – Pagina Milano Scomparsa; Le Strade di Milano”, Newton Peridici 1991; Fondazione Trivulzio

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10 commenti su “Milano | Verziere – Il perduto Palazzo Trivulzio di via della Signora”

  1. Splendidi approfondimenti, come sempre.
    Segnalo la presenza di una lapide in via della signora 14 che ricorda l’edificio che fu, incolpando esclusivamente i bombardamenti del necessario rinnovamento.
    Aggiungo poi che l’edificio del Ramelli, indipendentemente da quello che c’era prima si inserisce sicuramente meglio dell’hotel president (che se ho capito bene condivide con lui il sedime del Trivulzio), un brutale pugno in un occhio sulla piazza

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    • Ho fatto la medesima (laconica) riflessione. L’hotel President e la sua angosciante e ingombrante mole è la peggiore eredità ricevuta da questa vicenda. (18.3 ore 11:22)

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  2. Che tristezza leggere ogni volta come a Milano si è distrutto qualcosa di bello.

    Hanno pian piano sostituito tutta la storia con asfalto catrame e suv

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  3. Milano necessita un restyling generale del suo centro storico. Gli orribili palazzoni moderni vanno sostituiti con facciate rispettose della storia e degli edifici antichi rimasti. E si riapra la cerchia dei Navigli…Si guardi all’estero dove questo viene fatto da anni!

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