Milano | Porta Ticinese – La scomparsa “montagnetta” dei navigli e il Cinema Massimo

Milano Porta Ticinese. Come ben sappiamo, Milano è una città di pianura, posizionata ad un altezza media nel centro città di 120 metri sul livello del Mare (Per l’esattezza: Comasina ad esempio si trova a 145m, Castello 124m, Duomo 120m, Città Studi 117m, Quintosole 101m), con una pendenza dal punto più alto di Roserio (Nord-Ovest) al più basso di Quintosole (Sud-Est) di circa 45 metri.

Poi ci sono le “collinette artificiali” sparse per la città e realizzate con lo spostamento e accumulo di tonnellate di terra: il Monte Stella, la Montagnetta di San Siro realizzata nel dopoguerra con le macerie dei bombardamenti, che arriva sino a 185 metri sul livello del mare (circa 57 metri sul livello del terreno circostante); il Monte Merlo al Parco Sempione che si “innalza” di 5 metri sul terreno circostante (che comunque rimane più basso dell’area del Castello e del Sempione perché il centro del parco è più basso); le collinette del Parco Lambro, la più alta circa 150 metri e la più bassa 141 metri (alla base il terreno in quel punto è a 120 metri), realizzate per creare le vasche di laminazione per il vicino fiume; La Collina dei Ciliegi alla Bicocca, alta 156 metri (alla base il terreno lì è a 130 m), realizzata con le macerie dell’ex industria Pirelli; stesso procedimento per le collinette al Portello, dove la più alta, quella del DNA, raggiunge i 151 metri (circa 25 metri sul livello stradale della zona); poi ci sono i Bastioni di Porta Venezia, posti ad un’altezza di 126 metri (viale Vittorio Veneto che sta alla base è posto a 119 metri); Per finire con le “alture del terreno” possiamo inserire anche la collinetta del Tempio della Notte al Parco di Villa Finzi (Gorla), alto solo 4 metri però.

Insomma, escludendo le torri, le guglie e i grattacieli, Milano non ha colline nel suo territorio, ma forse, l’unico “dosso” naturale, oltre a quello dove si trova il Castello Sforzesco (ben 4 metri di differenza tra largo Cairoli e l’ingresso al Castello), un tempo si trovava in fondo a Corso San Gottardo al Ticinese, dove troviamo l’odierno Largo Mahler e da dove partono Via Conchetta e Via Torricelli che fra l’altro seguono un andamento anomalo nel rigore ortogonale del resto delle vie della zona.

In questo luogo fino agli anni Venti del Novecento vi era un piccolo dosso naturale di pochi metri che comunque si faceva notare, tant’è che sin dal primo Ottocento ai suoi piedi verso il corso, in un piccolo edificio adibito come “casa delle guardie daziarie” vi si trovava anche l’Osteria della Montagnetta (da me ricostruita in due fotomontaggi a seguire visto che non vi sono foto che lo riproducano), affacciata sulla strada (Corso San Gottardo e Via Meda) che uscendo dalla Cittadella del Ticinese portava sino al Gratosoglio, Ronchetto delle Rane e a Quinto de Stampi.

Questa piccola altura che si trovava tra Via Conchetta e Via Torricelli forse anch’essa poco “naturale”, probabile frutto di un rimasuglio degli scavi per realizzare il Naviglio Pavese e la conca poco distante, ma è solo un’ipotesi. Ad ogni modo la “collinetta” era utilizzata dall’osteria come giardino, disseminato di tavoli lungo i vialetti che “salivano sull’altura” ombreggiati da alti alberi; per decenni il proprietario fu el Felis, detto anche “el grand friggidor”, dato che la specialità dell’osteria era il fritto di pescetti dell’Olona o del Lambro e se questi scarseggiavano, el Felis friggeva tutte le rane che trovava. Celebri erano anche gli ottimi vini frizzanti, bianchi e rossi, tanto che il Giuseppe Rovani (scrittore e giornalista), campione intercontinentale di bevute, era ospite fisso, come anche Emilio De Marchi (Scrittore), che aveva il conto aperto.

Qui a seguire la nostra ricostruzione di come poteva apparire (purtroppo impossibile trovare foto dell’Osteria e della montagnetta).

L’osteria e il giardinetto con la collinetta erano meta anche dei “sciori” e operai, studenti e perditempo, sartine e gran dame coi loro cavalieri ogni domenica, una gita fuori porta, ma neanche tanto.

Questa bizzarra altura era così presente nella zona tant’è che persino la fermata del famoso “Gamba de Legn” per Pavia si chiamava sin dal 1883 “La Montagnetta”. Tanto che lo slargo assunse questo nome e persino la zona.

El Felis rimase sino a tardissima età a guidare la Montagnetta, sul cui portone c’era scritto “Semper Pess” (sempre pesce) e quando era finito rispondeva con un classico “L’è andàa via tütt!”

L’osteria chiuse con lo scoppio della Grande Guerra, quando il piccolo slargo prospicente, oggi largo Mahler, era stato ufficialmente battezzato largo Montagnetta.

Subito dopo la fine del conflitto della I Guerra Mondiale l’osteria con casupola venne demolita e la collinetta spianata. Al suo posto venne eretto tra il 1920 e il 1922 un grande cineteatro da più di 2.000 posti, ovviamente chiamato La Montagnetta.

Nel 1932 diventa il Cinema Teatro San Gottardo al quale vengono apportate diverse migliorie. dovendo anche adattarsi a nuove e più dure regole di gestione.

Nel 1936 la Società Anonima Immobiliare Rione San Gottardo (così rinominata) firma una convenzione in esecuzione del piano regolatore che prevede la cessione gratuita al Comune di un’area di circa 180 metri quadri per la creazione di uno “spiazzo di forma irregolare alla confluenza delle tre strade”, in cambio di un’area di 25 metri quadri su via Torricelli, che consentiva di dare una forma più regolare al lotto edificabile di sua proprietà. Congiuntamente, in sostituzione del capannone già adibito a cinema Montagnetta, avanza la richiesta di poter realizzare uno “stabile ad uso di Cinema Teatro con annessi camerini per artisti ed abitazione del custode”. I disegni allegati portano la firma degli ingegneri Mario De Ambrosis e Piero Pini, quali progettisti e direttori dei lavori, nonché quella di Guido Mettler, ingegnere strutturista dell’impresa di costruzioni “Ing. Lucca & C”. La sala da spettacolo, capace di 1866 posti (di cui 1400 in platea e 466 in galleria), prevedeva anche prevedeva anche una facciata che rimarcasse la presenza del cine-teatro indipendente.

Il progetto ottiene l’approvazione della commissione, ma a cantiere già avviato viene ulteriormente modificato e cambiato. Il nuovo progetto dell’architetto Alessandro Rimini, deve conformarsi alla richiesta di erigere un edificio residenziale prospiciente il nuovo piazzale. Allo stesso architetto sono dunque affidati i disegni definitivi per i prospetti laterali del cinematografo, caratterizzati da un elegante impaginato grafico che proietta all’esterno l’articolazione spaziale interna: finestre verticali si aprono in corrispondenza dell’atrio a doppia altezza e del palcoscenico; mentre aperture in sequenza e balconate in aggetto marcano la presenza della sala di proiezione enfatizzando le uscite di sicurezza che consentono un rapido sfollamento in caso di panico.

A Rimini si deve anche il sapiente gioco dei rivestimenti che mira ad animare cromaticamente i prospetti esterni con l’alternanza di laterizio, intonaco e pietra, limitando le decorazioni a mascheroni evocativi tratti dal repertorio classico rivisitato in chiave art déco.

Nel giugno 1938 hanno luogo le operazioni di collaudo della struttura in cemento armato eseguite dall’ingegnere Steno Majnoni d’Intignano che, nella sua relazione del 24 agosto, apprezza in modo particolare la balconata a sbalzo. Anche se i documenti d’archivio non lo dichiarano apertamente, da questo momento Alessandro Rimini assume un ruolo determinante nello sviluppo del cantiere.

A lui si deve il soffitto della sala indipendente dalla struttura di copertura, inclinato verso il boccascena per favorire l’acustica e reso luminoso da una doppia fascia a ferro di cavallo in vetro di Murano che dissimula le sorgenti di luce , nonché la sistemazione definitiva dell’ingresso e dell’atrio a doppia altezza, che alterna lesene rosso-arancione a marmi variegati e presenta un pavimento marmoreo impreziosito da un intarsio figurativo (una silhouette femminile entro un tempietto classico) quale silente omaggio alla moglie Olga (Rimini la collocherà in ogni suo edificio).

Così nell’ottobre 1938 la sala apre finalmente al pubblico col nome di Cinema Teatro Massimo, con cui verrà ricordata nei decenni successivi. 

L’edificio Si compone di una torre di 6 piani caratterizzato da una facciata verso largo Mahler scandita da sei terrazzi sottolineati da un rivestimento in mattoncini a vista, e del corpo del cine-teatro che occupa l’area della “montagnetta” spianata anni prima tra via Torricelli e Conchetta.

La difficoltà di mantenere le spese di gestione per una sala così grande che non riesce ad avere film di grosso richiamo, portano il Massimo alla chiusura nel 1979 senza nemmeno passare dalla solita scappatoia della programmazione a luci rosse.

In seguito il locale viene affittato dalla proprietà (Immobiliare San Gottardo) al gruppo Bargawam che lo utilizza per alcuni anni come studio di registrazione di programmi televisivi. Gli anni successivi sono all’insegna dell’abbandono fino alla decisione di trasformarlo, dopo opportuni lavori di ristrutturazione a cura dello Studio Marzorati, nell’Auditorium di Milano, uno spazio polifunzionale  di 1400 posti tra platea e galleria a gradinate, sede dell’Orchestra Sinfonica e del Coro di Milano Giuseppe Verdi. Come si vede, architetto Giancarlo Marzorati da una nuova veste all’interno del teatro, mantenendo alcuni elementi peculiari del lavori di Alessandro Rimini, mostrando il meraviglioso sistema di travi a ventaglio studiato dal grande architetto o il meraviglioso mosaico pavimentale col tempietto e la figura femminile.

Il ricordo del dosso e dell’Osteria della Montagnetta rimase in ogni caso nella popolazione del Ticinese e del Borg de Furmagiatt di corso San Gottardo, tanto che ancora a metà anni Cinquanta un’associazione benefica “pro bambini poveri al mare”, si chiamava “El salvadanèe de la Montagnetta”; c’erano anche dei caffè e dei negozi che mantennero il riferimento al dosso sino agli anni Settanta, almeno, poi pian piano la “Montagnetta” sparì nel dimenticatoio.

Anche una stramba leggenda cita la Montagnetta; quando i Re Magi passarono per Milano, lungo la strada per Gerusalemme (un giro un po’ tortuoso, dato che partirono dall’Oriente), una fitta nevicata celò loro la stella cometa che stavano seguendo per giungere sino al luogo ove sarebbe nato il Messia. Si ritrovarono così sulla Montagnetta di San Gottardo dove, scivolando, uno dei tre perse una calzatura che i bambini del luogo secoli dopo ritrovarono e portarono al Sant’Eustorgio, dove venne conservata come una reliquia nel sarcofago dei Magi…

Il contesto fatto dalle due strade che si biforcano dal largo e che si dirigono entrambe verso il Naviglio Pavese, hanno origine incerta, sicuramente servivano per dirigersi una verso la conca del naviglio, da cui il nome (Conchetta era anche una cascina che si trovava sul lato opposto del naviglio, dove ora corre via Darwin) e l’altra per unirsi sempre alla ripa del canale. Nel 1880 via Torricelli venne utilizzata per farvi transitare il tram per Pavia, il “Gamba de Legn”.

Sia in via Torricelli che in via Conchetta possiamo ancora ammirare dei veri gioiellini dell’Ottocento, dai più semplici caseggiati operai a deliziose case eclettiche. Purtroppo le due vie sono state rovinate e irrimediabilmente squassate dagli sventramenti post II Guerra Mondiale che hanno lasciato il segno. Infatti il piano urbanistico del dopoguerra vedeva tagliare il quartiere da una strada realizzata a porzioni, come raccontiamo in un articolo del 2017.

Un ringraziamento sentito anche alla gentilissima Liliana Lagonigro Rimini, figlia del grande architetto.

  • Referenze immagini: Milano Sparita,
  • Fonti: Paolo Motta; Roberto Marelli “La Riva, il Borgo e la Baia dei Re” Graphote Editore; Pagina Milano Scomparsa; Le Strade di Milano”, Newton Peridici 1991; Fondazione Trivulzio; Giuseppe Rausa i “Cinema di Milano”; L’Auditorium di Milano – Architettura Musica 1938-2018 (Silvana Editore)
  • Navigli, Via San Gottardo, Cinema Montagnetta, La Montagnetta, Via Torricelli, Via Conchetta, Osteria la Montagnetta, Largo Mahler, Auditorium San Gottardo
Per l'utilizzo delle immagini scrivere a info@dodecaedrourbano.com

9 commenti su “Milano | Porta Ticinese – La scomparsa “montagnetta” dei navigli e il Cinema Massimo”

    • Vero, e i ragazzini che giocavano nell’Atletico Montagnetta che dal 1990 inauguro’ il centro Vismara, dove oggi giocano le squadre giovanili del Milan, prendevano le scarpe da calcio a prezzi scontati.

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  1. Vorrei aggiungere che nei locali della sede del Salvadanee ,tra gli anni 50/60 esisteva uno spazio concesso al GAT (gruppo alpinisti ticinese) che riuniva tantissimi appassionati di montagna del quartiere.

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  2. Monte Merlo non e’ al parco Sempione, ma nei giardini di Porta Venezia oggi intitolati a Indro Montanelli, ad un centinaio di metri dietro il museo di Storia Naturale, lo conosco benissimo perche’ da bambino lo “scalavo” per gioco.

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    • La squadra di calcio atletico montagnola era una ” succursale” dell’ oratorio di santamaria di Caravaggio e nello stabile di via Torricelli n. 1, le cantine a volta, durante la seconda guerra mondiale, vennero usate dalla popolazione come rifugio anti aereo

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