Milano Centro Storico. Milano, come Roma e molte altre città italiane, possedeva un’impressionante densità di chiese, spesso distribuite quasi ad ogni angolo di strada, in particolare nel centro storico. Tuttavia, nel corso dei secoli, molte di queste chiese sono scomparse, abbattute per vari motivi legati allo sviluppo urbano e non solo, infischiandosene del valore storico che potevano avere. Un ruolo significativo in queste demolizioni fu giocato dalle soppressioni giuseppine e napoleoniche, avvenute tra il XVIII e il XIX secolo. Successivamente, molte altre chiese furono abbattute tra l’Unità d’Italia e il secondo dopoguerra per motivi di viabilità o esigenze urbanistiche, come accadde, ad esempio, per la chiesa di San Bartolomeo Vecchia in piazza Cavour o San Giovanni in Conca in piazza Missori.
Tra le chiese scomparse spicca San Protàso ad Monachos (o Protasio), situata nel cuore della città, vicino al Cordusio e al Teatro alla Scala, in quella che oggi è via San Protaso. Questa via porta ancora il nome dell’antica chiesa, demolita nel 1930 per far posto a un edificio bancario.
Origini e significato storico
Secondo la tradizione, la chiesa di San Protaso sorse sui resti dell’abitazione dei santi martiri e fratelli Gervàso e Protàso, vissuti e morti a Milano nel III secolo. Il titolo ad Monachos riflette la presenza, tra l’VIII e il IX secolo, di un gruppo di monaci benedettini cluniacensi, che qui stabilirono il loro primo monastero cittadino. Un documento dell’Archivio Ambrosiano attesta l’esistenza del monastero già nell’881. I monaci, insieme ad alcuni preti secolari legati alla basilica di San Simpliciano, continuarono a officiare a San Protaso anche dopo il 1081, anno in cui i benedettini trasferirono la loro sede principale proprio a San Simpliciano. Curiosamente, l’abate di San Simpliciano mantenne il titolo di Abbas Sanctorum Protasii et Gervasii martyrum et Sancti Simpliciani confessoris, a testimonianza del legame storico tra i due luoghi di culto.
In epoca medievale, la chiesa era anche conosciuta come San Protaso alla Rovere, per via di un albero che si trovava davanti all’edificio. Questa peculiarità contribuì a caratterizzare la chiesa all’interno del tessuto cittadino.
Evoluzione architettonica
Grazie agli scavi archeologici condotti durante la demolizione, furono scoperti resti di un edificio del V secolo e di una struttura dell’VIII secolo, quest’ultima attribuita al monastero benedettino. Dal 1574, la chiesa divenne la sede della confraternita del Santissimo Sacramento, istituita dall’arcivescovo Carlo Borromeo. Fu proprio San Carlo, nel XVI secolo, a incaricare l’architetto Pellegrino Tibaldi di rinnovare e ampliare l’edificio. Il progetto trasformò la chiesa in un ampio ambiente rettangolare, dominato da un altare maggiore posto al centro. Successivamente, il cardinale Federico Borromeo commissionò l’aggiunta di un pronao, difeso da una cancellata in ferro battuto, realizzata da un allievo di Francesco Maria Richini.
La facciata, attribuita al Tibaldi, rappresentava uno dei punti di forza architettonici della chiesa. Tuttavia, nel 1831, un restauro significativo trasformò gli interni, introducendo stucchi e decorazioni che cancellarono gran parte delle caratteristiche originali del progetto. Ciò nonostante, rimasero intatte le cappelle laterali, organizzate in tre per lato.
Decorazioni interne e opere d’arte
San Protaso era ricca di opere d’arte di grande valore, molte delle quali furono salvate prima della demolizione e trasferite in musei o altre chiese. Tra le cappelle, si ricordano:
- Cappelle di destra:
- La prima era dedicata all’Angelo Custode e ospitava un dipinto su tela del XVII secolo.
- La seconda, dedicata a Sant’Anna, presentava una tela di Carlo Francesco Nuvolone (1609-1662), detto il Panfilo, raffigurante Sant’Anna che educa la Vergine, affiancata da San Gioacchino e San Zaccaria.
- La terza, intitolata a Sant’Antonio Abate, era decorata con un’opera del XVII secolo, oggi conservata a Rho.
- Cappelle di sinistra:
- La prima era interamente decorata da Daniele Crespi e dedicata a San Giovanni Battista. Tra le opere presenti, si ricordano: una tela raffigurante la Predicazione del Battista, un Cristo morto e diversi affreschi laterali, tra cui le figure di San Bartolomeo e San Giacomo Maggiore. Molti di questi lavori furono acquistati da cittadini di Busto Arsizio, terra natale dell’artista.
- La seconda era dedicata alla Madonna dell’Aiuto e ospitava un’opera del Cerano.
- La terza era intitolata a Gesù Crocifisso, con un’altra tela del Cerano.
Le tre grandi tele dell’altare erano di Giulio Cesare Procaccini (non siamo riusciti a sapere quali fossero).
Mentre erano di Giovanni Mauro della Rovere detto il Fiammingo ( 1575-1640, fu allievo di Giulio Cesare Procaccini) gli affreschi del soffitto e delle lunette del soffitto sopra l’altare.
Altro capolavoro si trovava nella grande lunetta sull’altare della cappella di San Giovanni Battista, già frescata dal Crespi ma ormai ammalorata, fu rifatta durante l’ultimo restauro della chiesa nel 1831 da Carlo Bellosio,
Scoperte durante la demolizione
Durante i lavori di demolizione avviati nel 1929, emersero resti di cappelle trecentesche decorate con affreschi di scuola lombarda. Tra questi si distingue una Madonna col Bambino in trono tra San Giovanni Battista e Sant’Antonio Abate, attribuita a Giovanni Donato Montorfano (Milano, 1460 circa – 1502 circa). Quest’opera, insieme ad altre, fu trasferita nel 1932 al Civico Museo di Arte Antica a Milano.
Un altro affresco trecentesco ritrovato, seppur frammentario, raffigura una Madonna col Bambino in trono affiancata da un santo vescovo, identificato come San Dionigi. Questo affresco, oggi conservato nei Musei Civici del Castello Sforzesco, testimonia la fase più antica della chiesa.
La fine della chiesa e il suo ricordo
Sconsacrata negli anni Venti, San Protasio ad Monachos fu demolita senza particolari opposizioni nel 1930. Al suo posto fu costruito un edificio per la Banca Popolare di Novara, a sua volta abbattuto e ricostruito negli anni Settanta per lasciare spazio all’attuale palazzo progettato da Luigi Vietti. La memoria dell’antica chiesa sopravvive oggi nella parrocchia dei Santi Protaso e Gervaso, situata in piazzale Brescia all’angolo con via Osoppo.
Anche il bellissimo cancello seicentesco è stato preservato e portato a “proteggere” l’ingresso al piccolo giardino del palazzo di via Santa Valeria angolo via Cappuccio e via Luini.
Qui di seguito un’immagine di via San Protaso oggi, con il palazzo dell’Ex Banco di Novara oggi Credit Suisse.
- Referenze immagini: Roberto Arsuffi; Milano Sparita, Milano scomparsa,
- Fonte: “Le Chiese di Milano”, Ponzoni 1929: “Le Chiese di Milano”, Electa 2006; “Le Città nella Storia d’Italia” – Milano, Edizini la Terza 1982; “Milano la Chiese scomparse” Civica Biblioteca d’Arte
- Milano Scomparsa, Centro Storico, Via San Protaso, San Protaso ad Monachos, Chiesa, Arte, Cultura, Daniele Crespi, Il Cerano, Montorfano
Stupendo!!
Molto molto interessante
Ora capisco la bellezza della cancellata in via Santa Valeria!
Però un gran peccato per simili demolizioni, per fare posto a edificio come gli attuali,poi….
Non si comprende se all ‘epica fosse ignoranza o velleità moderniste e poco lungimiranti.
Peccato per la chiesa…
Sarebbe però interessante vedere anche la foto del Palazzo della Banca popolare di Novara, edificato al posto della chiesa e abbattuto negli anni ’70.
Ho provato a cercare qualche foto online, ma non c’è traccia…
E poi tirare le somme per capire se l’attuale edificio ha migliorato o meno quell’angolo di città.
Complimenti per il vostro prezioso lavoro di recupero della memoria storica di Milano.
Grazie per tutte queste informazioni sulla chiesa scomparsa di San Protaso.
Grazie per tutte queste informazioni sull’antica chiesa di San Protaso.