Largo Augusto, Verziere, Via Larga, Piazza Santo Stefano, via Laghetto e via della Signora, oggi fanno parte di un quartiere di Milano dove la gente passa, senza soffermarsi, parcheggia l’auto, l’attraversa per recarsi al lavoro, a fare shopping o a casa e basta. Non ci sono vetrine da ammirare, solo qualche ristorante, un minimarket, due grandi chiese (3 aggiungendo la vicina Chiesa Valdese di San Giovanni in Conca), poche abitazioni e tanti uffici.
Pensare che ancora cent’anni fa ci saremmo trovati in uno dei quartieri più popolari del centro. Qui si teneva il mercato del Verziere, il mercato degli ortaggi e della frutta, inizialmente tenutosi per secoli nell’odierna piazza Fontana, venne spostato qui nel XVIII Secolo, dapprima nella piazza Santo Stefano, dove vi era già un mercato del bestiame e delle carni, poi collocato nel più ampio Corso di Porta Tosa, oggi Via Verziere. La situazione rimase immutata sino agli inizi del ‘900 quando fu spostato verso Est, nell’odierno Largo Marinai d’Italia e successivamente nell’odierno Ortomercato.
Come dicevamo il quartiere popolare, ricco di storia e di fascino bohémien qual era, con l’epoca moderna venne snaturato completamente, complice anche la Seconda Guerra Mondiale che ha provveduto a distruggere quel poco che vi era rimasto. Oggi a ricordarci (qualcuno è stato momentaneamente spostato per far posto al cantiere della M4, come la Colonna del Redentore) ci sono rimasti pochi monumenti e edifici un po’ spaesati e due chiese.
Però siamo convinti che qualcosa si potrebbe recuperare e salvare, e far tornare la zona viva di locali e di gente a due passi dal Duomo e San Babila.
Questo è uno dei nostri sogni, quello di ridare dignità e bellezza ad una zona, il Verziere, orai apparentemente compromesso da troppa modernità asettica.
Partiremmo col recupero di Piazza Santo Stefano eliminando il parcheggio a raso (sarebbe perfetto un parcheggio interrato solo per i residenti, ma conoscendo i “polli” la cosa non succederà mai), e al suo posto una piazza pedonale come più volte abbiamo cercato di mostrare in nostri fotomontaggi. Grandi alberi a nascondere il palazzo moderno e il resto della piazza, libero come cent’anni fa, con la prospettiva libera verso le due chiese (Santo Stefano Maggiore e San Bernardino alle Ossa), libere soprattutto dalle lamiere delle automobili parcheggiate.
Diventerebbe di sicuro una delle piazza turistiche di Milano, con ristoranti e altri locali.
Vedere com’è tenuta questa piazza ci fa veramente arrabbiare, anche perché ci vediamo così tante possibilità e una bellezza purtroppo nascosta e contaminata da troppe brutture.
Seguirebbe anche un bel cambio per via Larga e via Verziere, dove allargheremmo i marciapiedi e pianteremmo grandi alberi (Bagolari) da trasformare le due vie in un bel viale alberato.
Il nostro sogno sarebbe anche quello di trasformare, una volta ultimati i lavori per la M4 in largo Augusto, in una bella piazza alberata anch’essa. La nostra idea sarebbe collocare la Colonna del Redentore in una zona più centrale della piazza, verso però il corso di Porta Vittoria. Mentre sui lati lunghi della piazza piantumare degli alberi così da ricreare l’effetto dell’antico Verziere, quello che ammiriamo ancora oggi nelle foto d’epoca.
Verso via Laghetto, infine, ricreare, come proponemmo qualche anno fa, una fontana/vasca a ricordo del laghetto dove attaccavano i barconi con i marmi per il Duomo.
Rimane via della Signora che, ricreando l’anello ideale della nostra perlustrazione, ci riporta in largo Augusto. Qui basterebbe togliere l’asfalto e mettere la pietra, magari i masselli eliminati altrove, darebbe un fascino alla via che a guardarla ora pare quasi irrecuperabile.
Qui di seguito i link ai nostri “progetti” della zona: Piazza Santo Stefano – Via Verziere – Piazzetta di Via Larga – Via Larga – Via Laghetto
In via della Signora vi era, sino alla Seconda Guerra Mondiale, un grande edificio, appartenente alla famiglia Trivulzio, di origini gotiche, nel 1771 divenne, grazie al nobile Antonio Tolomeo Trivulzio, un ricovero a favore degli anziani poveri d’ambo i sessi e di cronici dismessi dagli ospedali, destinando il palazzo al vitto a sede dell’istituzione, che prese il nome di Pio albergo Trivulzio.
Il Palazzo Trivulzio, poi Pio albergo, venne costruito tra il XIV e il XV secolo, nel pieno dell’epoca viscontea, fu per diversi secoli sontuosa dimora dei gallio Trivulzio. Già a partire dal 500, fu rimaneggiato più volte, come dimostrava ancora gli ultimi negli anni 20 la monumentale fronte verso il naviglio, di linea seicentesca, composto da un corpo centrale con sei Aperture e due corpi avanzati con tre aperture ciascuno: questi delimitavano un giardino che si affacciava sul naviglio con una terrazza balaustrata ornata di fiori e rampicanti che scendevano fino a toccare l’acqua.
Nel 1910 l’edificio (ormai insufficiente) fu ceduto al Comune e gli ospiti furono trasferiti in una villa dei Trivulzio nei pressi di Baggio, chiamata da allora la Baggina. Il Comune sistemo nel palazzo prima la corte d’assise, poi l’ufficio dei certificati e la sede dell’azienda elettrica municipale, mentre al numero 10 era ospitata l’ambulanza di Santa Corona. I bombardamenti dell’agosto 1943 colpirono gravemente l’edificio, distruggendo il cortile gotico; la caduta degli strati di intonaco sulla facciata seicentesche riportò per breve tempo alla luce altre tracce della prima costruzione, con finestre quattrocentesche a sesto acuto. Rimase in piedi il cortile quattrocentesco, con portici ad arcate ogivali su colonne ottagonali di servizio, con capitelli gotici e finestre barocche ai piani superiori. Purtroppo anche se buona parte dei muri si salvò dalle dirompenti della guerra, nel 1947 si demolì ogni cosa senza alcun rispetto, per prolungare il corso di Porta Vittoria e far posto al nuovo palazzo dell’azienda energetica municipale, disegnato da Antonio Cassi Ramelli. Durante la demolizione Del cortile tornarono alla luce preziosi affreschi della metà del 400 figure e paesaggi (non sappiamo dove siano ora, se recuperati o meno).
Il nome di via della Signora, alquanto strano, deriva, forse, dal fatto che qui vi si trovava un monastero e con ogni probabilità vi era un riferimento (come sostengono alcuni) ad una ignota benefattrice religiosa, in quanto al tempo della controriforma era aduso il Lombardia attribuire alle monache di nobile origine l’appellativo di signora.
Concludiamo il nostro giro con via San Bernardino e via Merlo, veramente brutte e oggi più simili ad una strada secondaria, dove si affacciano solo garage e retro botteghe. Un tempo questo era un pittoresco vicolo chiamato un tempo la stretta del Cadenin (della catenella) per via di una catena tesa tra due colonnine di pietra che impediva l’accesso ai carretti del vicino mercato. Naturalmente catenella, acciottolato, casette pittoresche e botteghe sono state sostituite dal retro di un palazzo troppo grande e moderno per questo luogo, dagli archetti dissuasori del parcheggio, dall’asfalto e dai box del condominio stesso.
In compenso possiamo vedere finalmente i lavori per restaurare la chiesa di Santo Stefano Maggiore.
Alberi, alberi in via Larga… cosa aspettano a piantarli ? Non è forse stato uno dei progetti più votato in campagna elettorale da parte dei milanesi chiamati a scegliere quali opere compiere nel quiz farsa sottopostoci da questa giunta ?
Si fa presto a ridare vita al quartiere: eliminare le auto senza alcuna pietà, eliminare i parcheggi, pedonalizzare tutto e riqualificare l’arredo urbano. In 3 giorni a lavori finiti la zona riacquisterà vita. Purtroppo sacrifichiamo davvero tanto all’abuao dell’auto e nemmeno ce ne rendiamo conto.
Le auto hanno rovinato questa città.
Via larga è un non luogo.
Dove passa lautostrada non cresce l’erba.
io sono per l’inerbimento dello spazio dei binari dal Tribunale a piazza Missori passando ovviamente per via Larga.
Largo Augusto pedonalizzata nella parte centrale, unici itinerari possibili Verziere > corso di Porta Vittoria e via Battisti >via Cavallotti o via Durini, trasformando in verde anche la carreggiata al Verziere direzione via Larga.
Finora alcuni interventi, pubblici e privati, sono andati in senso opposto agli auspici di riqualificazione del quartiere. Durante la posa del teleriscaldamento, qui avvenuta un paio d’anni fa a cura della vicina A2A, i selciati in porfido delle vie Laghetto e della Signora, invece di essere restaurati (erano qua e là malconci) sono stati sostituiti dal nero asfalto. Aggiungerei il discutibile intervento sull’antico palazzo, già pubblico (del Pio Albergo Trivulzio) che chiude piazza Santo Stefano a sud ovest, accanto alla chiesa. I nuovissimi abbaini dei sottotetti, trasformati in mansarde di extralusso, sono costituiti da cubi di acciaio e vetro, totalmente fuori contesto e danno un’impressione di freddezza e di disagio. Inoltre da tutte le finestre sono state tolte le persiane, ben presenti non solo nelle immagini fotografiche più antiche, ma anche nei dipinti che ritraggono la piazza nel primo Ottocento. Infine, la nuova proprietà del palazzo, in nome della quiete dei futuri condomini, ha pensato bene di sfrattare la più vecchia delle due pizzerie che occupavano il pian terreno dell’edificio per fare spazio a un loft, eliminando un locale storico, animato e caratteristico per sostituirlo con uno spazio chiuso e spoglio.
Finora alcuni interventi, pubblici e privati, sono andati in senso opposto agli auspici di riqualificazione del quartiere. Durante la posa del teleriscaldamento, qui avvenuta un paio d’anni fa a cura della vicina A2A, i selciati in porfido delle vie Laghetto e della Signora, invece di essere restaurati (erano qua e là malconci) sono stati sostituiti dal nero asfalto. Aggiungerei il discutibile intervento sull’antico palazzo, già pubblico (del Pio Albergo Trivulzio) che chiude piazza Santo Stefano a sud ovest, accanto alla chiesa. I nuovissimi abbaini dei sottotetti, trasformati in mansarde di extralusso, sono costituiti da cubi di acciaio e vetro, totalmente fuori contesto e danno un’impressione di freddezza e di disagio. Inoltre da tutte le finestre sono state tolte le persiane, ben presenti non solo nelle immagini fotografiche più antiche, ma anche nei dipinti che ritraggono la piazza nel primo Ottocento. Infine, la nuova proprietà del palazzo, in nome della quiete dei futuri condomini, ha pensato bene di sfrattare la più vecchia delle due pizzerie che occupavano il pian terreno dell’edificio per fare spazio a un loft, eliminando un locale storico, animato e caratteristico per sostituirlo con uno spazio chiuso e spoglio.
A me piacciono molto i sottotetti che hanno fatto e pure le finestre è un fattore estetico relativo
Va be’ a te piace anche la Torre Velasca… l’ italiano non tanto pero’.
Se coprite con gli alberi lo spettacolo della Torre Velasca vista da via Larga, li sego tutti.