Milano | Duomo – Il museo diffuso: San Matteo e l’angelo del Figino

Prosegue il nostro viaggio a caccia di capolavori meno noti e di facile accesso sparsi per la città.

Questa volta vi portiamo non lontano dal Duomo, dove si trova la bella chiesa di San Raffaele. Le forme attuali della chiesa sono di impronta barocca, ma l’edificio precedente ha origini alto medievali.

Infatti la Chiesa di San Raffaele faceva parte di un sistema di quattro cappelle poste a croce intorno alla cattedrale e dedicate al culto degli arcangeli che dovevano disporsi a protezione della cattedrale di S. Maria: S. Uriele, S. Michele, S. Gabriele e S. Raffaele (unica sopravvissuta).

L’edificio attuale fu consacrato da Carlo Borromeo nel 1582. Il progetto di costruzione è variamente attribuito dai critici all’architetto prediletto dell’arcivescovo Borromeo, Pellegrino Tibaldi, oppure all’architetto genovese Galeazzo Alessi, attivo in quel periodo nel vicino Palazzo Marino.

Soffocato un po’ dai palazzi attigui, presenta una facciata a due ordini: quello inferiore, cinquecentesco, è caratterizzato dalla presenza di grosse teste maschili; mentre quello superiore venne terminato solo nell’Ottocento.

L’interno, molto semplice, presenta tuttavia alcune opere degne di attenzione del barocco milanese come: Il sogno di Elia del Morazzone, San Girolamo di Camillo Procaccini e La disobbedienza di Giona del Cerano. Ma la nostra attenzione per ora va al San Matteo e l’Angelo dipinto da Giovanni Ambrogio Figino nel 1586, che troviamo nella cappella di destra dedicata all’Arcangelo Raffaele.

Al centro, sopra l’altare, campeggia la tela cinquecentesca dedicata all’Arcangelo in compagnia di Tobia, presunta opera del Figino. Sulla destra una tela dedicata a San Luca, realizzata da Giovanni Ambrogio Figino e a sinistra il nostro quadro, San Matteo e l’Angelo.

Anzitutto l’autore, Ambrogio Figino o Figini più noto come Giovanni Ambrogio Figino nacque a Milano nel 1553 (morì a Milano l’11 ottobre 1608). Fu allievo di Giovan Paolo Lomazzo e dal 1564, Figino si pose in luce nel panorama artistico milanese inizialmente come ritrattista. L’effigie di Ambrogio Annoni, uno dei pochi ritratti a lui attribuibili con sicurezza, mostra una capacità minuziosa di rendere i particolari degna della pittura fiamminga. Nei primi anni ’80 del XVI secolo l’artista ricevette dai Gesuiti la commissione per due pale d’altare, un tempo in San Fedele: la Madonna della Serpe (1581-1583) e l’Incoronazione della Vergine (1585-1586).

In quegli anni, il Figino, compie un viaggio illuminate a Roma, dove si confronterà con le opere di Michelangelo e si dedicherà anche allo studio delle arti antiche della città eterna. I suoi dipinti successivi porteranno l’impronta di quel viaggio, come possiamo ammirare appunto nel bellissimo San Matteo Evangelista e l’Angelo, opera realizzata intorno al 1585 – 1588, reinterpretato in un successivo quadro di Caravaggio, memore di averlo visto e studiato nella chiesa milanese, da ragazzo. Logicamente il dipinto del Caravaggio mostra la maestria dell’artista più famoso.

Il soggetto:

Secondo la tradizione della Chiesa, San Matteo viene raffigurato insieme ad un uomo alato che lo ispira o gli guida la mano mentre scrive il Vangelo; l’uomo alato è uno dei quattro esseri viventi presenti nel libro di Ezechiele e nel libro dell’Apocalisse e ciò perché il Vangelo di Matteo esordisce con la genealogia terrena e l’infanzia di Gesù Figlio dell’uomo, sottolineandone quindi la sua umanità.

San Matteo e l’Angelo – Olio su tavola 220×130 Milano, chiesa di San Raffaele

Il Lomazzo, nelle Rime (1587), riporta che “In Santo Rafael entro Milano / Disse il Figin che pingere volea / Il buon Matteo che detti il vangel
santo
”. Su questa base si é ritenuto che l’opera fosse stata eseguita poco dopo (il Longhi nel 1954, proponeva come data il 1588), mentre il Ciardi (nel 1968) ritiene che il Lomazzo con questa espressione avesse voluto ricordare, come in altri casi, fatti già avvenuti, confermando tuttavia una data di esecuzione verso il 1586-1587. Una nutrita serie di studi preparatori conservata nel castello di Windsor, nel Regno Unito, documenta una forte ispirazione ai modelli di Michelangelo e mostra una sequenza di soluzioni ogni volta diverse nella formulazione del rapporto fra le due figure, studiate in un primo tempo in stretto dialogo tra loro, con l’angelo che lo ispira e lo aiuta nella scrittura (in un dettaglio si vede anche l’inserto di un angelo che regge il libro).
La soluzione definitiva, per la quale abbiamo una serie di accurati studi parziali (a Oxford, Christ Church; Parigi, Ecole des Beaux-Arts; Besangon,
Musée des Beaux-Arts, e alle Gallerie dell’ Accademia a Venezia: Perissa Torrini, 1987), mostra le due figure frontalmente, San Matteo seduto su una roccia, volto verso l’angelo che avanza, entrambi definiti secondo un robusto impianto michelangiolesco e tibaldesco, la cui illusività é sottolineata dallo scorcio di braccia e gambe viste frontalmente. Come già rilevava il Longhi (nel 1954), qui emergono elementi che nella “nuova confidenza […] arrecata dal colloquio alla pari con l’angelo adolescente e […] nella forte ‘incidentalita’ luminosa che, dal contesto magniloquente, stacca la fronte corrugata del Santo” saranno di ispirazione per le opere romane del Caravaggio, e in particolare per il suo San Matteo e l’Angelo gia nei Musei di Berlino e purtroppo andato distrutto. Nel Figino convive sempre questo duplice aspetto di classicismo monumentale e di acuta adesione naturalistica, ben evidente in alcuni incisivi studi di volti ritratti dal vero.

Qui di seguito alcune immagini del San Matteo dipinto nel 1602 dal Caravaggio, seguito da una seconda versione oggi conservata a Roma nella cappella Contarelli in San Luigi dei Francesi. La prima versione del dipinto, scartata dai committenti, venne acquistata da Vincenzo Giustiniani. Nel 1815 passò ai Musei di Berlino e fu distrutta verso la fine della seconda guerra mondiale nell’incendio della Flakturm Friedrichshain.

Era il maggio 1945 quando, in una Berlino a onor di cronaca ormai liberata, le truppe sovietiche appiccavano fuoco al Flakturm Friedrichshain, benché ancora oggi si racconti di una responsabilità imputabile ai bombardamenti degli Alleati. Purtroppo fu questo, paradossalmente, il deposito dove, durante il secondo conflitto mondiale, si era pensato di mettere in sicurezza decine e decine di opere d’arte dal Kaiser Friederich Museum

Leggere ancora oggi l’elenco dei quadri distrutti fa quanto meno raggelare. RubensGoyavan DyckAndrea del Sarto: sono solo alcuni autori degli oltre quattrocento dipinti dispersi. Fra questi, spiccavano ben tre Caravaggio, provenienti dalla collezione Giustiniani, i cui eredi se ne disfecero nel 1815 pur di recuperare liquidità, vendendoli al re di Prussia: il poco studiato Cristo nell’Orto degli ulivi, il Ritratto della cortigiana Fillide (modella di cui si è pensato, forzatamente, fosse amante dello stesso Merisi e che avesse posato anche in altri quadri) e, certamente il più apprezzato e noto fra tutti, il San Matteo e l’angelo. Quest’ultimo, come racconta il biografo Giovan Pietro Bellori, era collocato sull’altare della cappella Contarelli in San Luigi dei francesi, e fu rifiutato per mancanza di “decoro” e in particolare per quei “piedi rozzamente esposti al popolo”, con il santo che sembra un povero analfabeta, guidato letteralmente nella scrittura del Vangelo dalla mano dell’angelo. Tanto da essere sostituito dal più composto dipinto che tutt’oggi ammiriamo in chiesa.

Fonte: Le chiese di Milano; Pittura a Milano. Rinascimento e Manierismo Cariplo 1999; Le chiese di Milano di M. T. Fiorio; finestresullarte.info

Per l'utilizzo delle immagini scrivere a info@dodecaedrourbano.com

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