Milano | I protagonisti della trasformazione: intervista al Direttore di Palazzo Reale Domenico Piraina

Nella nostra attività di racconto del territorio attraverso la voce dei protagonisti della trasformazione abbiamo incontrato Domenico Piraina, Direttore di Palazzo Reale e dei Musei Scientifici di Milano. 

Pensiamo, infatti, che la cultura abbia un ruolo fondamentale nella percezione della città e che, soprattutto ora, si rivelerà strategica per tornare ad avere una Milano attrattiva sia verso i turisti sia verso i cittadini

A causa della pandemia, siamo forse alla fine di uno dei periodi più complessi per il nostro Paese. Come ha influenzato il mondo della cultura milanese e quali prospettive vede per il futuro?

Io dico sempre che Milano è una città straordinaria. Pensiamo alla fine della Seconda Guerra Mondiale: era una città sostanzialmente distrutta sia a livello materiale che a livello morale. La prima cosa pianificata fu la ricostruzione del Teatro alla Scala perché l’allora sindaco Greppi ritenne fondamentale ripartire dal simbolo di Milano per dare speranza ai cittadini. 

Vi è di più: nel 1947 venne aperto il Piccolo Teatro, idea maturata in anni precedenti ma che trovò compimento nell’immediato dopoguerra. La cultura costituì un fondamentale elemento di coesione sociale: in una città è necessario avere dei simboli in cui tutti possano riconoscersi. Se veniamo a tempi più recenti, la cultura ha costituito un formidabile strumento per rendere Milano il luogo ideale per l’EXPO 2015. Nel 2006 fu presentata la candidatura, nel 2008 ottenemmo l’assegnazione: da lì è stato un continuo crescendo. 

Per un periodo ho fatto parte della struttura che si occupava del marketing territoriale sotto il profilo della cultura. Andando all’estero per promuovere la città di Milano mi rendevo conto che lì esisteva già la consapevolezza che Milano fosse città di arte e cultura; paradossalmente erano forse i cittadini a non avere fino in fondo questa percezione.

Expo non a caso vide la progettazione per Palazzo Reale delle mostre di due personalità che hanno costruito l’identità artistica italiana: Leonardo da Vinci e Giotto. Questa è una città che è cresciuta moltissimo dal punto di vista culturale e la cesura rappresentata dalla pandemia ha colpito duramente. Quando ci siamo trovati lo scorso anno a gestire il problema abbiamo cercato di limitare i danni continuando a lavorare per guardare al futuro. 

L’offerta non è diminuita, Milano rimane una città vivacissima. Basti pensare che pochi giorni fa è stato aperto un nuovo spazio, l’ADI Design Museum.

La città non soffre una carenza dal lato dell’offerta culturale: oggi quella che resta ridotta è la domanda, perché mancano i turisti (a Palazzo Reale il 25% dei visitatori è costituito dai turisti) e mancano le scuole (un altro 25%) e i gruppi organizzati. I musei sono luoghi estremamente sicuri, ma permane una resistenza di tipo psicologico che induce i visitatori a rimandare le visite. Ma i turisti stanno tornando, a settembre riprenderanno le scuole e grazie anche al vaccino le persone si sentiranno più sicure nel frequentare i luoghi chiusi. 

C’è un aspetto positivo che mi sento di evidenziare: noi lavoriamo molto con soggetti privati e il nostro timore era che davanti alle difficoltà potessero ridurre gli investimenti; invece questo non è accaduto e stiamo andando avanti con la progettazione delle prossime attività. Anche in questo Milano si è rivelata una città eccezionale. Non solo i privati hanno mantenuto fiducia nella cultura: anche a livello comunale non abbiamo avuto significative riduzioni dei fondi a disposizione. Al di là dell’investimento economico, l’amministrazione ha messo in campo strategie propositive per una ulteriore  ripresa della cultura a Milano e la recente conferenza stampa di presentazione del calendario espositivo ne è la prova.

Cosa dobbiamo aspettarci dal futuro più prossimo? 

Abbiamo confermato le iniziative che avevamo messo in campo in precedenza. In programma c’è una bellissima mostra sul Realismo Magico che avremmo dovuto fare lo scorso anno e che riprogrammiamo a breve con un progetto architettonico curato da Mario Bellini. 

In arrivo i Monet dal Museo Marmottan-Monet e una interessante mostra d’arte contemporanea sul tema della rappresentazione del corpo. Al PAC riusciremo finalmente ad aprire la tanto attesa monografica su Tania Bruguera. Stiamo lavorando a una mostra su Tiziano e a due grandi operazioni su Bosch e su Max Ernst che vorremmo fare in contemporanea. Abbiamo confermato la mostra di Grazia Varisco e quella su Francesco Somaini: in sostanza non abbiamo ridotto l’offerta culturale e siamo fiduciosi che si possa ripartire con grande vigore. 

Solo per questa estate abbiamo dovuto rimandare alcuni progetti nuovi ma si tratta di iniziative rimandate e non annullate. 

I fondi che arriveranno con il Recovery Fund prevedono utilizzi anche per il mondo della cultura? 

I musei hanno ricevuto un parziale ristoro per i mancati incassi del primo lockdown che non hanno ovviamente coperto totalmente le perdite. Per quanto riguarda il futuro con il Recovery Fund il Comune di Milano è riuscito a ottenere fondi per l’ampliamento del Museo del 900 e finalmente troverà soluzione il progetto della Beic (Biblioteca Europea Di Informazione E Cultura).

Nel frattempo sono già in programma il Museo della Resistenza e il Centro CASVA, che è molto importante poiché è destinato a diventare l’archivio delle arti visive. Gli archivi a mio parere saranno il sapere del futuro: in una logica a medio lungo termine un investimento sugli archivi è fondamentale. 

Secondo lei a Milano quale museo manca? 

Anni fa si parlò molto di un museo di arte contemporanea ma noi abbiamo il Museo del 900 che ha al proprio interno anche una parte più contemporanea e che con il secondo Arengario conoscerà ulteriore sviluppo. L’arte nasce dall’arte: l’artista contemporaneo non può fare a meno di guardare all’arte del passato e queste contaminazioni si rivelano particolarmente utili e fruttuose. Facendo un esempio del passato: Michelangelo che universalmente riconosciuto come un artista senza pari, ha appreso le proprie tecniche da chi lo ha preceduto, inserendo caratteri che per l’epoca erano innovativi. 

Il nostro è un Paese straordinario perché ovunque esistono fonti di ispirazione per gli artisti. Ognuno si ispira ad altri e porta il proprio apporto per gli altri. E’ per questa ragione che credo che un unico spazio per l’arte moderna e contemporanea sia una grande opportunità

A proposito di Museo del 900: passerella sì o passerella no tra i due arengari? 

Io sono abbastanza laico su questo tema: se ben fatta potrebbe essere una buona idea. Non ho gli strumenti per valutare, ma ritengo che la decisione vada presa rapidamente perché a seconda di come si deciderà di unire i due spazi verrà poi strutturato il percorso museale.

Palazzo Reale ha acquisito un ruolo forte nel panorama dell’offerta culturale in tempi abbastanza recenti. Ci racconta la sua storia? 

Palazzo Reale è stato fino al primo ventennio del Novecento una residenza reale. Ha ospitato i Visconti, gli Sforza, i Governatori Francesi, quelli Spagnoli, Maria Teresa d’Austria, Napoleone, i Savoia

Vi fu poi una permuta tra lo Stato e il Comune in virtù della quale il Comune diede allo Stato la Ca’ Granda per realizzare l’Università e ottenne Palazzo Reale. Quando il Comune prese possesso dell’edificio si pose il problema di come utilizzarlo. Una delle prime idee fu quella di realizzare un Museo del Mobile e delle Arti decorative che non fu mai attuata.

Divenne quindi sede delle più importanti magistrature come la Corte dei Conti e il Consiglio di Stato. Il palazzo fu pesantemente bombardato nel 1943 e la sua storia cambiò definitivamente nel 1951. In quell’anno, infatti, a Palazzo Reale venne organizzata da Roberto Longhi e dal Comune di Milano la famosa mostra su Caravaggio

Quello fu a mio parere il punto di svolta: a seguire Palazzo Reale ospitò le mostre su Van Gogh, Picasso, Modigliani ritagliandosi un ruolo di assoluto rilievo come luogo delle grandi mostre. 

Ovviamente questo ha fatto sì che Palazzo Reale non fosse più un “monumento a sé stesso” ma un luogo da vivere grazie alla cultura e non solo (è il luogo che ora ospita i matrimoni, ad esempio, a ulteriore conferma di essere divenuto un edificio al servizio dei cittadini). E’ importante mantenere la memoria di quello che è stato Palazzo Reale ma nel contempo valorizzare la sua nuova e importantissima funzione (qui una nostra visita nel 2017). 

Abbiamo in mente di realizzare all’interno dell’edificio un museo che ne racconti la storia con le sue trasformazioni. Siamo riusciti, con un’analisi molto approfondita svolta con l’Università Cattolica, a ricostruire tutti i passaggi vissuti dall’edificio che a mio parere è molto interessante valorizzare. Con questa ricerca abbiamo individuato il luogo che ospitava i laboratori di Leonardo, sappiamo che Palazzo Reale ha ospitato anche Giotto e altri artisti e ci sembra una bellissima opportunità dare la possibilità a chiunque lo desideri di scoprirne le curiosità.

Ora stiamo studiando come fosse il Teatro di Corte: a Palazzo Reale, infatti, esisteva un teatro per i nobili costruito in legno che ha subito numerosi incendi. Fu proprio per ovviare ai problemi legati agli incendi che gli austriaci commissionarono a Piermarini un vero teatro esterno destinato alla nobilità: nacque il Teatro alla Scala

Ma non solo: in maniera molto lungimirante si decise di realizzare anche un teatro per la borghesia, che oggi è noto come Teatro Lirico e che inizialmente si chiamava Teatro delle Cannobiane.

Credo che la storia di questo edificio sia molto affascinante e per nulla in contrasto con la sua funzione attuale: ritengo che ne vada preservata la memoria ma adattandolo alla contemporaneità. 

Riferimenti fotografici: Urbanfile

Tag: Cultura, Palazzo Reale, Intervista, Musei, Domenico Piraina, Museo del 900, Musei Scientifici di Milano

Per l'utilizzo delle immagini scrivere a info@dodecaedrourbano.com

3 commenti su “Milano | I protagonisti della trasformazione: intervista al Direttore di Palazzo Reale Domenico Piraina”

  1. Interessante l’opinione sul Museo di Arte Contemporanea.

    Ma mettendo da parte lo scenario meneghino e la necessità di tirar fuori il meglio da quel che c’è, quante città del mondo hanno un Museo di Arte Contemporanea unito a quello di Arte Moderna (o del 900) e quante uno spazio separato e ad hoc?

    Nell’arte contemporanea si tratta di organizzare mostre di artisti viventi e costruire così una collezione. Nell’arte moderna gli artisti sono deceduti, tutt’al più fai una retrospettiva ma le regole del gioco non sono leggermente diverse?
    (Disclaimer: è una domanda, non una affermazione apodittica 🙂 )

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