Milano | Urbanistica – Zone, quartieri o distretti che gran confusione

Quartiere, distretto, zona, cosa sono, ma non solo, quartieri all’interno di quartieri, nomi dettati dalle stazioni della metro e nomi che piacciono molto agli immobiliari o come si dice oggi all’inglese, alle real-estate che si estendono come amebe un po’ ovunque e dove più fa comodo collocare il proprio palazzo nuovo.

Ad ogni modo, che gran confusione c’è riguardo ai quartieri di Milano, tutti sanno dov’è Città Studi o San Siro, ma se si chiede a qualsiasi persona di segnarne i confini, ognuna si trova smarrita. I “quartieri” considerati come lo sono dalla maggioranza della gente, non hanno confini e se si cercasse di dare loro un esatta delimitazione si finirebbe con trovare solo delle vaghe delimitazioni cha variano a seconda di chi ci vive o viene interloquito.

Da anni mi cimento cercando sulla mappa di Milano, di delimitare, per necessità i confini dei “quartieri” perdendomi in incongruenze logistiche. Infatti cercando di dare un esatto perimetro ad ogni “quartiere” mi sono ritrovato in una marea di confusione e approssimazione diffusa, compreso da chi ci abita e da parte dello stesso Comune. Nel tempo ho cercato di chiedere anche a varie persone esperte di storia milanese delucidazioni, ed ognuna mi rispondeva spesso in modo differente.

Ci sono luoghi di Milano con l’identità ben definita, che a volte esonda nei quartieri limitrofi e luoghi, che nessuno sa dire dove si trovino. Ad esempio chi abita dalle parti di viale Corsica, dove si troverebbe? C’è gente che dice di essere in “zona Corsica“, chi a Porta Vittoria, chi addirittura a Città Studi, ma anche chi dice di essere in Forlanini o “zona delle Regioni“.

Poi mi sono imbattuto in richieste o situazioni che mi hanno fatto pensare e lasciato perplesso. Un giorno, ad esempio, mi trovai con un mio amico davanti alla chiesa di Rogoredo, quella della Sacra Famiglia in Rogoredo per l’appunto, in via Monte Peralba, e lui mi chiese: è la chiesa di Santa Giulia? Lasciandomi perplesso. Pensava che la stazione fosse Rogoredo e il resto del “quartiere” fosse quello di Santa Giulia e la chiesa a lei dedicata, solo perché ormai il nome del quartiere è più famoso di Rogoredo (Santa Giulia per la precisione, è un quartiere che si trova nel territorio di Rogoredo e Morsenchio).

Oppure l’episodio di una discussione con una signora che abita in viale Abruzzi proprio sopra la stazione della metro Loreto la quale sosteneva di essere a Città Studi (questo perché a mio parere, sostenere di abitare in Città Studi fa più chic che dire di stare a Loreto), facendo sparire un luogo storico come Loreto, ridotto ormai a piazza.

Ci sono poi le stazioni della metro che ormai dettano il nome alla posizione di certi luoghi. Nomi che hanno cancellato quelli storici ormai dimenticati, che son spariti in favore di appellativi di vie o viali più facili da ricordare anche perché scritti. Un esempio lo troviamo nell’ultima edizione di Reinventing cities, dove nel comunicato del Comune si parla di Abbiategrasso, ma non la cittadina a ovest nella provincia di Milano, ma di un intervento in via Ulisse Dini non lontano da piazza Abbiategrasso, quando siamo in Chiesa Rossa, tanto che per non confondere le cose, la stazione della M2 viene menzionata con entrambi i nomi.

Questo a conferma di come lo stesso personale del Comune e gli stessi assessori, facciano confusione o non conoscano la storia di Milano. A tal proposito vi racconto un altro esempio: tempo fa mi è capitato di leggere un commento dell’Assessore Granelli riguardo la riqualificazione di piazza Ambrosoli, che l’ha collocata in “zona Washington”… una piazzetta a pochi metri da Corso Vercelli. Che fine ha fatto la famosa Porta Vercellina, sparita perché non menzionata mai da nessuno, nonostante ci sia anche un viale alberato a lei dedicato?

Che dire di chi dice “il quartiere di via Padova” quando la via è lunghissima e attraversa i distretti di Loreto, Turro, Cimiano, Crescenzago e termina a Cascina Gobba? Oppure la confusione che regna attorno a via Mambretti, via Palizzi e via Brunetti, dove in origine siamo a Musocco (fra l’altro sparito da molte mappe), ma la stazione FS di Certosa ha cannibalizzato il vecchio borgo, così come il vicinissimo e più gettonato Quarto Oggiaro che ha avuto anch’esso la meglio? Stessa cosa per la stazione di San Cristoforo che ha cancellato Lorenteggio confinarono altrove, che li si trovava col suo vecchio territorio.

E poi, vi siete mai chiesti, perché a seconda della situazione si usa anteporre la parola “quartiere” ai nomi e altre volte si usa invece “zona” oppure semplicemente menzionando direttamente il nome?

A questo punto ho cercato di fare alcune considerazioni per logica e mi sono dato alcune risposte. Anzitutto quando si dice “zona”, logicamente, ci si riferisce a qualcosa che si trova nelle vicinanze del luogo che vogliamo menzionare; come una piazza, una via, un monumento o un’istituzione, perciò ecco che si dice: zona Solari (dalla via), zona Bocconi (dall’Università), zona De Angeli (dalla stazione M1), zona di via Tortona o zona Bande Nere, e via dicendo. Mentre si dice “quartiere” quando effettivamente esiste un “quartiere” nominato appositamente, come: Quartiere Adriano (Crescenzago), Quartiere degli Olmi (Baggio), Quartiere Palmanova (Rottole), ecc… Perciò il resto, che è?

Per dare un certo ordine e soprattutto un confine da porre sulla mappa ad ogni quartiere o meglio, distretto, mi sono accorto che la confusione regnava anche sulle mappe dedicate alla città, come avevamo già detto tempo fa. Anche perché la stessa Google ha pescato da una mia mappa realizzata da me una quindicina d’anni fa, dove per errore avevo segnato alcune zone nella mappa chiamandole come le nominavo io da sempre, come la Zona delle Regioni (Senavra che all’epoca io chiamavo appunto “regioni” per via dei viali dedicati -anche se non ha senso a ragion veduta visto che i viali delle regioni sono in cerchio alla città-) o Zona Risorgimento, come si possono ancora leggere sulla mappa di Google (gli ho più volte scritto di cambiarle ma mai mi risposero, così come per l’errore di menzionare Morivione due volte, Conchetta in posizione sbagliata e Ticinese sparso verso Corso Italia).

Ultimante poi, ci si sono messe le immobiliari che per vendere meglio e rendere più appetitosi i propri immobili spostano i nomi dei quartieri a loro piacimento (NoLo, Bicocca e Porta Nuova sono i più variabili e appetibili), così da trovarli sparsi nei dintorni oltre i loro effettivi confini. 

Perciò ecco quest’articolo che cerca, almeno spero, di dare una spiegazione plausibile ai nomi che utilizziamo nei nostri articoli, dove ho cercato di dare un ordine preciso risalendo anche alla storia della città e conservando il più possibile nomi che col tempo si erano dimenticati o persi anche a causa della scomparsa dei “milanesi di vecchia data”.

Controllando attentamente, l’evoluzione stessa della città confrontandomi anche con mappe antiche, ho scoperto che i “quartieri” propriamente detti, sono tantissimi e molto ristretti, spesso riguardano piccoli nuclei di case e raramente grandi aree.

Spesso i nomi di quartieri, ovvero un insieme di case costruite quasi sempre da una stessa società, prendevano i nomi da vie presenti o realizzate appositamente, come abbiamo visto nei sopraindicati quartieri di Città Studi o come: il Quartiere Adriano che prende il nome da via Adriano, ma che ormai si estende a dismisura nella parte settentrionale di Crescenzago; il Quartiere Rubattino, che prende il nome da via Rubattino, ma anch’esso orami diffuso per la zona a sud di Lambrate; il Quartiere Feltre, per via Feltre, a nord di Lambrate; il Quartiere Valsesia o quello degli Olmi a Baggio; il Quartiere Mac Mahon nell’omonima via alla Ghisolfa e così via. Lo stesso Quartiere Santa Giulia fu creato a tavolino, cercano di dare un nome all’operazione immobiliare che stava per sorgere dove si trovavano gli stabilimenti industriali ex Montedison tra Rogoredo e Morsenchio, partendo col nome di Montecity, poi modificato in Santa Giulia, unica santa mancante nella toponomastica milanese.

Perciò ecco la decisione di distinguere un “distretto” da un “quartiere” nelle mappe Urbanfile. Ma soprattutto suddividere la città in 99 grandi distretti che contengono a loro volta i tanti quartieri.

Alcuni distretti sono veramente vasti. Alcuni portano i nomi degli antichi borghi poi inglobati nella grande Milano, altri portano i nomi delle vie perché si sono così radicati da tempo che è impossibile mantenere il nome storico, come succede al Corvetto, che prende il nome della piazza e il cui nome originario sarebbe quello di Gamboloita o alla Comasina, che prende il nome dall’arteria principale ma che è un’estensione di Affori, e così via.

Noi di Urbanfile vogliamo che i nomi storici vengano ricordati e se possibile riconosciuti. E’ un peccato appunto che per ignoranza generale si stiano perdendo per sempre nomi come Taliedo (in favore di Mecenate, la via), Musocco (in favore di Certosa, il viale), Vigentino (in favore di Ripamonti, la via), Porta Lodovica (in favore di Bocconi, l’università) e Morivione (in favore di Tibaldi, il viale)… Secoli di storia cancellati per scarsa informazione.

Ah, e nella mappa ci teniamo anche ad aver segnato “cantucci” storici finiti quasi tutti nel dimenticatoio, come la Corte Regina tra Crescenzago e Cimiano, la Baia del Re allo Stadera, La Brusada a San Siro, il Gentilino tra Porta Ticinese e Lodovica, la Conchetta (che su Google-map è stata piazzata in zona Darsena/Porta Genova e che invece è al Ticinese, dove si trova l’omonima via), o il Verziere, “divorato” da Largo Augusto, per fare un esempio. Insomma, l’importanza del ricordo e della memoria è fondamentale anche per una città che vuole essere internazionale e ormai parla più inglese che meneghino, dimenticandosi della propria storia inventandosi nomi come NoLo (Nord Loreto il cui antico nome è Pasqueé del Seveso) o CityLife (Sitilaif, il cui nome consolidato era Fiera per la presenza dell’ente fieristico da oltre cent’anni) che nulla hanno a che fare con la storia della città.

L’anno prossimo, a tal proposito, sarà il centenario della creazione della Grande Milano che conosciamo oggi, quando vennero aggregati i comuni limitrofi all’interno del Comune di Milano e al cui proposito stiamo lavorando per un articolo dedicato.

Referenze immagini: Roberto Arsuffi

Storia, Quartieri, Distretti, Rioni, Mappa

Per l'utilizzo delle immagini scrivere a info@dodecaedrourbano.com

28 commenti su “Milano | Urbanistica – Zone, quartieri o distretti che gran confusione”

  1. Ma prima o poi (probabilmente fra 100 anni) speriamo che ci sarà un sistema dei borough come a Londra o NY che copre tutto, Monza e Altomilanese etc. con 5-6 millioni di abitanti. A Londra i sindaci locali hanno resistito per decenni, ma poi il buon senso ha vinto.

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  2. Complimenti per l’analisi, un solo appunto sul quartiere che continuare a chiamare f. testi.
    Chi abita in quello che voi chiamata quartiere fulvio testi, da quando è nato nel dopo guerra, tutte le persone da via ponale vino alla fine di viale suzzani prendendo anche piazza san giuseppe hanno sempre chiamato quella parte della città Bicocca.
    Perchè tutti o quasi quando è nato il quartiere lavoravano per la pirelli e la prima parrocchia era quella di san giovanni in viale f. testi, in sostanza per ragioni storiche molto recenti quel quartiere si chiama Bicocca perchè si estende a nord ovest rispetto alla “Bicocca degli Arcimboldi”

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  3. Grazie come sempre per questo bell’articolo. Concordo sulla bellezza e sull’importanza di ricordare i nomi storici; dissento invece dall’affermazione che Nolo o “Sitilaif” (o anche “Gaeulenti” o altri ancora) non abbiano nulla a che fare con la storia della città: è storia recente, recentissima, ma è storia anche questa, segno di vitalità e trasformazione che sono qualità distintive della nostra città. 🙂

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  4. Io guardo le mappe allegate e:

    Con i “nomi popolari delle zone mi ci trovo” – lo capisco
    Con i “quartieri” o “nomi storici”, faccio fatica con molti ma capisco a apprezzo il senso

    I 99 distretti invece son quelli che trovo proprio sbagliati concettualmente, non tanto per il nome ma anche per la suddivisione (alcune mancano, altre sono estese in modo ridicolo, altre non rispettano il modo con cui vivi e ti ci sposti all’interno, come quella dove secondo la mappa starei io 🙁 )

    Comunque una cosa è vera: date in mano agli squali dell’immobiliare, questi nomi rischiano di essere un’arma di “imbroglio” di massa 🙂
    Servirebbe una mappa ufficiale.

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    • Concordo anch’io: la denominazione popolare è attinente all’uso reale, mentre trovo la suddivisione in distretti (termine già piuttosto brutto) abbastanza forzosa e non utile. Ad esempio, mi è capitato in viale Argonne che mi chiedessero dove fosse la zona Acquabella e mi sono trattenuto dal ridere, poiché è una denominazione affascinante ma ormai persa nell’uso corrente. Alla fine non penso sia necessario istituzionalizzare la toponomastica, poiché per sua stessa origine nasce dal basso e si evolve con il tempo.

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  5. C’erano una volta 20 zone passate poi a 8 (o anche municipi) queste sono le info ufficiali. Poi il resto lo aggiunge la gente. zona S. Siro, zona fiera (ex fiera campionaria) ecc. poi sento “Nolo” è mi dico… ma che é ?!

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  6. Oh prima o poi chiameranno i quartieri/zone con il loro nome che tutti gli abitanti usano. Io ho sempre parlato di Udine, mai di Rottole. Così come di quartiere Feltre, che non è lambrate. E immagino sia la stessa cosa in altre zone di Milano.

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  7. Il problema della perdita della cultura locale non è dovuto solo alle società immobiliari ma anche al fatto che Milano è una specie di eldorado d’Italia dove vive tantissima gente che o non è nata a Milano o ha genitori non nati a Milano e che ci abita esclusivamente per lavorare ma appena può scappa via per tornare al proprio paesello (con tutto il rispetto).

    Puoi essere milanese DOC quanto vuoi ma se incontri qualcuno che ti chiede dove abiti e gli rispondi “alla Maddalena” quello con ogni probabilità ti chiede se sei sardo.

    Alla terza volta che ti succede finisci che rispondi direttamente “De Angeli”, almeno la metropolitana sei sicuro che la utilizzano tutti, milanesi e non.

    E’ un peccato che la nostra città fatichi a mantenere una cultura locale, ma per mantenere una cultura locale serve anche una popolazione locale che vive la città oltre che lavorarci.

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    • Ancora con questo paesello vs. l’eldorado d’Italia. Poi con tutto il tuo sincero rispetto… eh. Che tristezza. Secondo me, se ci pensi bene, scoprirai che la cultura locale non si è persa, è semplicemente evaporata. Poi ti linko googlemap così vedi.

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  8. In Ripamonti (la parte sud, perché è lunghissima) però ci teniamo ancora molto al nome Vigentino e diciamo molto fieramente di abitare in Vigentino! (Che appunto non è Morivione, non è Fondazione Prada e altre idiozie tipo South of Prada e nemmeno Corvetto) E anzi abbiamo anche le sotto-aree fra cui la più nota è “Fatima/Val di Sole” dalla parrocchia e via omonima. Avevamo anche la sagra di quartiere due volte all’anno…ma il covid l’ha portata via 🙁

    Esiste anche un gruppo di quartiere con foto storiche e accurata memoria di tutte le vecchie aree del Vigentino “sparite” o inglobate in condomini (ma ancora visibili tipo cimitero, mulini, targhe sui palazzi ecc..)

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  9. Ma se lo dicono tutti che abitano in zona Vigentino pure fuori dai gruppi di quartiere! È molto più usato di Ripamonti anche perché la Ripamonti vuol dire tutto è niente dato quanto è lunga.

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  10. Pero ha le ore contate!
    Poi si fagociteranno Bresso e Cesano Boscone, infine Sesto!
    Basta con questi comunelli dormitorio (Sesto è provocatorio eh…)possono generare solo amministrazioni nane, con poco senso, meglio mettere a sistema.

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  11. C’è gente che mi ha chiesto alla fermata del metrò MM5 (sì, io dico ancora MM e metrò) mi ha chiesto come mai non ci fosse il centro commerciale Portello e dove fosse 🤣 ovviamente la mia risposta, con un cenno storico, l’ha lasciata basita. Ormai a MI vi sono generazioni che hanno il cervello in pappa…

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  12. W il metrò e non la metro.
    Una volta c’erano solo le zone e poche aree distinte che avevano la loro definizione es. prato centenario, niguarda, villaggio giornalisti per citare quelle vicine a dove abitavo. Quindi zona 2, viale Zara. Non avrei mai chiamato la zona Istria…

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  13. Grazie del lavoro enorme che affrontate. Trovo ASSURDO perdere i nomi delle porte. Le dodici storiche (erano dodici vero?) dovrebbero essere marchiate a fuoco ovunque.
    Temo tanto che Acquabella verrà divorato da Susa e Argonne.
    Mentre credo che Lambrate e la mia Ortica rimarranno eterne.

    Curioso invece come ci siano quartieri come Baggio, Giambellino, o Quarto Oggiaro, che da “malfamati”, una volta innominabili, oggi invece tendino ad inglobare territorio per senso di appartenenza. Cioè, c’è del vanto a vivere in certi “postacci”

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    • La Maddalena in effetti è desueto e quindi difficile da recuperare all’uso; anche Senavra lo è ma non ci sono altri nomi storici per quel quartiere; Arzaga invece essendoci la via omonima è utilizzabile e l’unico modo per indicare il quadrilatero tra viale Legioni Romane, via D’Alviano, via Lorenteggio e via Primaticci.

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  14. Capisco che sentir parlare di Cagnola, Maddalena, o Pratobuono, possa generare commenti e opinioni contrastanti o ironia diffusa, ma preservare la memoria storica della città ritengo sia importante, quindi ben venga l’iniziativa di UF, che va in questa direzione (questa e tante altre che valorizzano il passato di Milano).Dobbiamo considerare che Milano è una città di oriundi molti dei quali, non hanno contezza di quella che è stata l’evoluzione urbanistica, storica e quindi toponomastica della città, e anche per i milanesi doc (o considerati tali), molti di questi nomi (me compreso) è una sorpresa.Ben venga quindi uno stimolo alla memoria condivisa e/o per chi ha curiosità e passione di volerla condividere.

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  15. Sono cresciuto in Giambellin, case popolari, nella Seconda guerra mondiale, ma non in San Cristoforo. Secondo me i nomi dei quartieri li ha inventata persona che le minga Milanes!

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