Milano | Ambiente – Il verde pubblico e gli attimi fuggenti

Testo Guido Angelini

Per migliorare un poco questa situazione ambientale negativa della città, come già precisato in un nostro articolo del giugno scorso, sarebbe necessario aumentare il verde urbano, diminuire le superfici pavimentate e inoltre che il nostro Sindaco e gli assessori, programmino un piano, appena i fondi e nuove formule di rapporto tra pubblico e privato lo consentano, per intervenire dove sia fattibile anche nelle strade e vie, piantando alberi e trasformando in boulevard più luoghi possibili. Così da contribuire alla riduzione dell’inquinamento urbano e delle “isole di calore”, tipiche delle zone ad alta densità edilizia. E con una manutenzione appropriata, come indicato nelle “Linee guida per la gestione del verde urbano” a livello nazionale e nel “Regolamento d’uso e tutela del verde pubblico e privato” del Comune di Milano.

I dati ISTAT relativi all’ambiente indicano che nella città, pur in presenza di estese aree di verde per 22,8 milioni di metri quadrati, a causa della sua densità demografica ci sono in media solamente 19,3 metri quadrati di verde urbano pro capite. E la città metropolitana di Milano, composta da 134 comuni, con i suoi 3.208.509 abitanti su un territorio di 1.575,7 kmq (2.036 abitante per kmq) è una delle aree più popolose a livello europeo.

Pure l’OMS stabilisce che dovrebbe esserci uno spazio verde di almeno 0,5 ettari a una distanza lineare non superiore a 300 metri dal luogo da ogni casa, come troviamo a Oslo: secondo il Normalized Difference Vegetation Index, anche città come Milano hanno il più alto carico di mortalità, tra quelle europee, a causa del basso indice di vegetazione.

È noto che fino al 1884 Milano non si diede un piano regolatore, per non ostacolare l’attività privata basata sulla rendita fondiaria per la quale gli imprenditori crearono la propria ricchezza; con il progetto di lottizzazione della piazza d’Armi per la realizzazione di un quartiere alto borghese di fronte al Castello Sforzesco, fu necessario dotarsi di uno primo strumento urbanistico. Da allora ci sono state diverse occasioni mancate per dotarsi di verde.

Il Piano Beruto (1884-1889) prevedeva l’ampliamento della città, intorno alla cerchia delle mura spagnole, con la demolizione delle stesse e la copertura del Naviglio interno, divenuti ormai ostacoli per le comunicazioni tra le zone. La sua struttura che consolidò la forma della città storica venne composta da radiali verso il centro città e da anelli concentrici di raccordo. Le mura erano sostituite, sul modello viennese del Ring, con una zona verde mista a poche costruzioni, ma il verde fu rimpiazzato per lo più da costruzioni. Nella stesura finale la presenza delle aree verdi risultava più equilibrata nelle diverse zone e veniva recuperata a parco urbano l’area della piazza d’Armi, divenuto il parco Sempione, e delineati un anello alberato sul perimetro esterno delle nuove costruzioni e uno interno per collegare i principali parchi e i viali radiali.

Numerose sono state le sue varianti, tali da ridimensionarlo e la mancanza di un demanio di aree da destinare a servizi obbligò l’Amministrazione a d accordarsi con l’iniziativa privata. Si evitò così di realizzare i giardini pubblici in via Melchiorre Gioia, il parco circolare a ovest del carcere di San Vittore e numerosi altri giardini furono molto ridotti.

Questa modalità di sviluppo perdurò nei piani successivi, come nel concorso del 1926-27 vinto da Portaluppi – Semenza, e fu ancora più evidenziata dal funzionario comunale Cesare Albertini, autore della redazione del piano, con l’eliminazione di ogni elemento correttivo proposto. Invece il progetto secondo classificato, del Gruppo degli urbanisti milanesi (con Giuseppe De Finetti, Alberto Alpago Novello, Giovanni Muzio, Giò Ponti), indicava di bloccare l’espansione indifferenziata di Milano, prevedendo l’inserimento di zone verdi tra gli sviluppi radiali lungo le principali vie regionali.

A questo link la storia della Racchetta, la strada che doveva distruggere il centro di Milano.

Nel 1945, nel concorso di idee per il nuovo piano regolatore il Piano AR (Architetti Riuniti: Franco Albini, Lodovico Belgiojoso, Piero Bottoni, Ezio Cerutti, Ignazio Gardella, Gabriele Mucchi, Giancarlo Palanti, Enrico Peresutti, Mario Pucci, Aldo Putelli, Ernesto Rogers) propose un modello di sviluppo alternativo con una chiara visione urbana. Il superamento del modello radiocentrico era conseguito con la riduzione della popolazione residente, con lo spostamento progressivo da Milano di parte dei posti di lavoro nell’industria e con uno ampliamento in quartieri all’esterno della città. La sua struttura veniva impostata tramite un sistema di linee ferroviarie e metropolitane e da due “autostrade urbane”, alla confluenza delle quali furono ipotizzati sia il Centro Direzionale che la Fiera, lasciando che la maggior parte del settore ovest venisse riservato a un grande parco urbano, dotato di varie attrezzature per lo sport e per spettacoli.

Nel 1948 il Piano Venanzi in parte ne tenne conto, prevedendo una diminuzione della superficie edificata e delle strade, rispetto a quella ipotizzata dal piano del 1934, e inserendo pure la salvaguardia di aree di verde pubblico e agricolo, ma fu messo da parte dopo le elezioni amministrative.

Il nuovo piano regolatore del 1953, pur inserendo strumenti quali la zonizzazione e gli standard, non previde di controllare le nuove trasformazioni urbane favorendo così una costante crescita della densità edilizia sia nel centro che nella fascia intermedia, che venne gradualmente riempita con limitazioni al verde e ai servizi. Nel centro storico furono previsti il parco tra le due Basiliche e quello nelle aree del Policlinico, ipotizzando di spostarlo altrove fatto che non verrà mai concretizzato, e nelle aree periferiche il parco Forlanini, l’ampliamento del parco Lambro e il parco di Trenno. Ma lo standard di verde urbano pro-capite restò inferiore a quello delle principali città europee.

Nel 1961 venne costituito il Piano Intercomunale Milanese (PIM), che era una associazione volontaria tra 35 comuni diventati 97 nel 1968. Furono configurati gli schemi di Piano intercomunale con la prima proposta di – Giancarlo De Carlo, Silvano Tintori e Alessandro Tutino – che mirava a tutelare consistenti spazi verdi. Di rilievo fu il disegno dei sistemi dei grandi parchi (Parco Nord, Parco delle Groane, Parco di Monza, Parco della Valle del Lambro e Parco Agricolo Sud).

L’ultima chiara visione urbana per Milano è stata la proposta di piantare 90mila alberi ideata nel 2009 da Claudio Abbado e Renzo Piano: Le città belle sono una delle più straordinarie e complesse invenzioni dell’uomo, veri monumenti allo stratificarsi del tempo. Ma sono gli alberi a scandire il tempo che ha reso belle queste città. Ho lavorato su questo tema, come architetto e urbanista, in molte città in giro per il mondo, fianco a fianco con straordinari botanici e uomini di scienze.

Letizia Moratti (Sindaco di Milano 2006-2011), dopo qualche tentennamento, bocciò il progetto del maestro genovese perché troppo costoso e perché lei voleva privilegiare le periferie, nonostante che i costi sarebbero stati coperti dagli sponsor e che la consulenza di Piano era a titolo gratuito. Tra i 12 casi studi proposti, correggibili nelle esigue imprecisioni, erano comprese pure alcune zone periferiche (via Palmanova, via dei Missaglia, viale Molise). Abbandonato il progetto di Piano, il Comune iniziò a “vendere” ogni singolo albero piantato come albero di Abbado. Comunque, sono sorti nuovi spazi verdi con nuove alberature come il Parco Nord, il Parco Lambro, il Parco delle Cave.

Ecco una nostra elaborazione di dove sia possibile piantare alberi in città.

Per una reale rigenerazione urbana ormai necessaria, indichiamo l’esempio del nuovo PGT di Bergamo: “Stop al consumo del suolo” venendo preferito il riuso di quello esistente, mentre secondo l’ ISPRA, tra il 2006 e il 2020 nell’Area Metropolitana di Milano sono stati consumati 2.153,2 ettari di territorio. 

E citiamo anche un uso purtroppo scorretto del verde da parte di alcuni cittadini, per grigliate, picnic e altro.

Referenze immagini: Guido Angelini; per gentile concessione Raccolta delle Stampe “Achille Bertarelli”; Roberto Arsuffi

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Per l'utilizzo delle immagini scrivere a info@dodecaedrourbano.com

2 commenti su “Milano | Ambiente – Il verde pubblico e gli attimi fuggenti”

  1. Vorrei ricordare anche il progetto “9 parchi per Milano” della giunta Formentini, parzialmente realizzato nella ex OM, a Quarto Oggiaro e alla Maserati

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