Milano, Cinque Vie.
Il Carrobbio, più che un vero e proprio quartiere, è un antico crocevia nel cuore di Milano. Si trova nella zona delle Cinque Vie, compreso tra la fine di via Torino e via Circo, lungo tutta via Cesare Correnti, inclusa via Gian Giacomo Mora e l’inizio di corso di Porta Ticinese. Nella toponomastica ufficiale è semplicemente indicato come “Carrobbio”, senza essere formalmente una piazza o uno slargo — uno dei pochi casi in città, simile al Verziere.





In epoca romana, questo luogo segnava l’ingresso meridionale della città di Mediolanum, protetta dalle sue mura. Qui si apriva la monumentale Porta Ticinensis, da cui si diramavano almeno due strade: una verso Ticinum (l’attuale Pavia), l’altra in direzione dell’Olona/Vepra e delle terre del sud-ovest, come il Lorenteggio.
Il curioso nome “Carrobbio” deriva dal latino quadrivium, ovvero “incrocio di quattro vie”. Nell’area lombarda indicava genericamente uno snodo urbano, uno slargo dove confluivano almeno quattro strade. In effetti, qui si incontrano via Torino, corso di Porta Ticinese, via San Vito, via Cesare Correnti e via del Torchio.
Anticamente la zona era attraversata da diversi corsi d’acqua, in gran parte deviati già a partire dall’epoca romana. Scorreva qui il torrente Vepra, proveniente dall’attuale via San Vincenzo. I Romani lo incanalarono facendolo confluire nel Piccolo Sevese, che a sua volta si univa al Grande Sevese — canali che costituivano il fossato esterno delle mura cittadine. Il Vepra proseguiva poi con un ampio arco verso piazza della Vetra, diventando “Vetra” e dirigendosi infine verso il Lambro.
Immaginare largo Carrobbio com’era un tempo è un esercizio affascinante. Un ampio slargo davanti alla Porta Pretoria (poi Ticinensis), dotata di due fornici larghi circa tre metri, separati da un pilastro centrale e affiancati da torri ottagonali. Oggi sopravvive parte della struttura, con una torre — rimaneggiata in epoca medievale — conosciuta come Torraccia o Torre dei Malsani, visibile dietro un piccolo edificio. Un sogno? Che il Comune acquisti quel caseggiato privo di valore storico e lo demolisse, restituendo visibilità alla torre, magari con la creazione di un’aiuola decorata da un murale che raffiguri l’antica Porta Ticinensis come abbiamo provato ad immaginarlo noi.






Oggi, largo Carrobbio è ancora il cuore pulsante del quartiere, seppur diventato un incrocio caotico: traffico intenso, parcheggi improvvisati, folle di persone e situazioni di degrado, come le vecchie cabine telefoniche TIM abbandonate, che nessuno sembra riuscire a rimuovere o riqualificare. Proprio qui, al centro dell’incrocio, si trovava dal 1577 l’altare di San Materno, voluto da San Carlo Borromeo per permettere ai malati di peste di seguire la Messa dalle proprie abitazioni. Nel 1658 vi fu aggiunta una colonna con due angeli e una croce, ma nel 1786 tutto venne rimosso per motivi di viabilità.

Durante la Seconda Guerra Mondiale, anche questa zona subì pesanti bombardamenti, e accanto ad antichi palazzi sopravvivono oggi edifici moderni spesso dissonanti. Su via Torino si affaccia il magnifico, ma bisognoso di restauri, Palazzo Stampa di Soncino (XVI-XVII secolo), con la sua splendida torre. Poco più avanti, ormai fuori contesto, si trova l’ex chiesa barocca di San Sisto, oggi sede dello Studio Museo Francesco Messina.


Una delle vie più suggestive della zona è Via Medici, che conserva ancora oggi un’atmosfera ottocentesca, pur custodendo elementi quattrocenteschi. La strada collega il Carrobbio a via Circo, seguendo un andamento curvo e leggermente rialzato nel tratto centrale: un dosso dovuto alla necessità medievale di scavalcare i resti delle mura romane e del muraglione del circo, proprio dove si trovava la sua curva.



Altri scorci pittoreschi si incontrano dove via Circo incrocia via Cappuccio, con un maestoso platano che impreziosisce l’angolo — purtroppo deturpato dalle auto in sosta. Via del Torchio è altrettanto affascinante, grazie ai suoi palazzi storici, come il Palazzo di Prospero Visconti, gioiello del Cinquecento del quale resta solo la facciata, ricostruita dopo i bombardamenti. Poco distante, in via Lanzone, troviamo la deliziosa chiesetta di San Bernardino alle Monache, in stile goticheggiante, di fronte alla moderna eleganza del complesso progettato da Caccia Dominioni e Asnago e Vender.











In via Cesare Correnti 7, tra due palazzi, si trova ciò che resta della chiesa di San Simone e Giuda, risalente al 1276 e annessa a un convento degli Umiliati. Celebre per i processi inquisitori contro i seguaci di Guglielmina la Boema, i condannati venivano arsi vivi nella vicina piazza della Vetra. Dopo la soppressione nel 1787, la chiesa conobbe varie vite: magazzino, teatro di marionette (Teatro San Simone), poi Teatro Frattini, infine restaurata in stile neoromanico e affidata alla comunità evangelica fino al dopoguerra. Dal 1978 ospita il Teatro Arsenale. Dal cortile della Casa Rovida si può ancora ammirare il campanile medievale, incastonato tra le costruzioni.
Via San Vito e via Stampa nascondono nei sotterranei i resti delle antiche mura romane. Le due vie, partendo dal Carrobbio, corrono parallele fino a piegare ad angolo retto verso Corso Italia, seguendo esattamente il tracciato delle fortificazioni di Mediolanum.


In questo “quartiere” — più un nodo urbano che un rione vero e proprio — non troviamo molte chiese ancora in uso, se non quelle riconvertite: San Sisto come museo e San Simone come teatro. Alcuni edifici moderni meritano però una menzione. Su via Stampa 14 sorge un complesso di abitazioni, uffici e negozi progettato dallo studio BBPR (gli stessi della Torre Velasca), datato 1967. Oggi avrebbe bisogno di un deciso restauro e valorizzazione.



Un altro edificio singolare si trova in via Cesare Correnti 16: realizzato negli anni ’70 dall’architetto Alberto Scarzella Mazzocchi, sorge al posto di un fabbricato ottocentesco abbandonato. Con il suo massiccio pilastro centrale che ospita ascensori e scale, e le finestre a feritoia continua, rappresenta un esempio di architettura ardita ma mal inserita nel contesto storico. Tuttavia, lascia una visuale aperta sul campanile di San Bernardino alle Monache.



In conclusione, il Carrobbio è un luogo unico, stratificato, ricco di memorie e suggestioni. E come altre zone del centro storico milanese, meriterebbe una cura maggiore da parte dell’amministrazione: non solo nella pulizia quotidiana, ma anche nel decoro urbano complessivo. Semafori sporchi, marciapiedi dissestati, arredi urbani trascurati, aiuole misere, cartelloni invadenti, vecchie cabine telefoniche: sono piccoli segnali di incuria che, con poca spesa e tanta volontà, si potrebbero risolvere. Un crocevia di storia come il Carrobbio merita di più.
















Cosa vedere nel quartiere:
- Torre poligonale di epoca romana
- Ruderi del Circo nell’omonima via
- San Bernardino alle Monache
- Ex chiesa di San Sisto ora Museo Studio Museo Francesco Messina
- San Giorgio al Palazzo
- Via Medici
- Palazzo Stampa di Soncino e la sua meravigliosa torre
- Teatro Arsenale
- Palazzo di Prospero Visconti di via Lanzone
- Palazzi di Asnago e Vender
- Ruderi delle sponde del naviglio medievale all’interno della stazione M4 De Amicis



- Referenze immagini: Roberto Arsuffi; Milano Sparita; Skyscrapercity; Milano Segreta
- le foto d’epoca sono immagini diffuse in rete e pertanto non di nostro possesso. Però non si conosce autore e proprietario, a meno che non sia scritto.
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Buonasera
Sapevo che il termine “carrobbio” avesse a che fare con la parola “carro” ed indicava dei luoghi che si allargavano rispetto alle vie vicine che erano strette, per permettere l’inversione di direzione dei carri
Una occhiata a Piazza Mentana no? Notare dove sono ubicati 8 bidoni della spazzatura che soffocano un albero secolare, 16 ombrelloni tipo Rimini con tavolini e sedili e conseguente degrado dell” area attorno al monumento.. Cartacce, bicchieri e bottiglie che nessun toglie perfortuna sono stati ripiantati ttre ipocastani!