Milano | Urbanistica – Lo stallo dei cantieri in città: cosa ci aspetta?

Da mesi ormai su Milano è calato il sipario. La città dei mille cantieri pare essersi arrestata: un vero e proprio “stallo urbanistico” dal quale apparentemente non si riesce più a uscire, soprattutto per l’incertezza sulle procedure da seguire a seguito degli eventi degli ultimi mesi, che di fatto hanno paralizzato gli operatori privati del settore edilizio così come anche l’amministrazione comunale. Il Governo ci aveva provato a sbloccare la situazione con una norma proposta assieme al decreto cosiddetto “Salva-casa” che alla fine è stata stralciata. Un’inattesa battuta d’arresto, dato che non è passata in Commissione Ambiente alla Camera dei Deputati, e l’ormai famosa “Salva Milano“, che avrebbe dovuto risolvere l’intricato nodo normativo-giudiziario, è rimasta lettera morta. Il Ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, ora pare voglia comunque rilanciare la norma che afferma possa mettere fine al caos urbanistico milanese dopo le inchieste portate avanti dalla Procura sui presunti abusi edilizi nel capoluogo lombardo.

Come riportato pure in diversi nostri articoli passati, alcune inchieste della Procura di Milano stanno esaminando da mesi le possibili errate interpretazioni del Comune nell’attuazione di norme edilizie che prevedevano l’avvio lavori tramite SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività), anzichè Permesso a Costruire, per la realizzazione di progetti immobiliari anche di grande entità. In questo momento pare siano 150 i progetti bloccati a seguito di quanto sta accadendo, in attesa che si faccia chiarezza.

Gli uffici tecnici del Comune affermano che le procedure sono state corrette, mentre, per gli inquirenti, alcune concessioni andavano gestite in maniera diversa e affermano, tra le altre cose, che gli oneri di urbanizzazione pagati avrebbero dovuto essere superiori.

Perciò, con questa ricerca dell’errore e del colpevole, la situazione pare essersi bloccata o perlomeno rallentata. I funzionari comunali volevano inizialmente essere trasferiti in massa dagli uffici tecnici, dato che temevano di essere indagati per l’applicazione di queste controverse normative rispetto ai documenti che passavano per le loro mani e chiedono tutt’ora che la cosa si chiarisca al più presto per essere tutelati nello svolgimento delle loro mansioni. La questione, detta in maniera semplice (anche se in realtà è molto complicata) è che progetti di demolizione e ricostruzione con bonus volumetrici sono stati trattati come semplici ristrutturazioni edilizie. Il Comune di Milano afferma che la normativa vigente, sia nazionale che regionale, vincola a considerare questi interventi alla stregua di ristrutturazione edilizia e per questo i suoi funzionari hanno operato in tal senso.

Tutto ha avuto origine con l’inchiesta per la costruzione del complesso “Hidden Garden” di piazza Aspromonte (12 indagati) costruito al posto di un edificio pre-esistente all’interno di una specie di ampia corte, seguita dall’inchiesta per la demolizione della palazzina liberty di piazza Trento e dall’avvio della demolizione delle palazzine liberty di via Lamarmora. Ma non solo, a seguire l’inchiesta sta rovistando tra le carte per la costruzione della Torre Milano (24 piani e 82 metri di altezza) di via Stresa, le Park Towers di Bluestone, a ridosso del Parco Lambro, il cantiere di via Lepontina all’Isola e il cantiere Bosconavigli a San Cristoforo, progettato dallo studio di Stefano Boeri. A queste, si aggiunge la recente notizia che vede indagati i costruttori del controverso progetto di Lac al Parco delle Cave di Baggio, con sequestro del cantiere.

Molti esultano a questo stop dei cantieri un po’ in tutta la città (anche se il rischio è trovarci con ecomostri abbandonati per anni), ma altri vedono il rischio che gli investitori, sopratutto quelli internazionali, che movimentavano il mercato milanese, si chiedano se valga ancora la pena operare a Milano.

Naturalmente, meno cantieri significa anche meno soldi nelle casse del Comune, quindi meno opere comunali nei settori più disparati, come il verde pubblico, l’arredo urbano e le infrastrutture. Una cosa che potrebbe mettere in forse centinaia di interventi. Insomma, un blocco che spiazza l’economia della città, dato che si calcola che vi potrebbero essere più di 130 milioni di euro di mancati introiti. C’è da precisare, però, che anche la fine del superbonus edilizio ha condizionato il mercato, non avendo più centinaia di piccole e grandi operazioni di riqualificazione energetica che anche hanno contribuito a riempire le casse comunali.

Molti speravano nel cosiddetto emendamento “Salva Milano”, ora rinviato a chissà quando, per fare riprendere il settore. Chi lavora nel campo edilizio sta già subendo danni incalcolabili. Gli effetti ricadono sia sugli attori direttamente coinvolti, come gli sviluppatori, sia sui professionisti, come architetti e ingegneri, sia sulle imprese edili. Ma le conseguenze toccano anche gli equilibri del mercato immobiliare, col rischio che l’Italia stessa perda competività con altri mercati, dove maggiori garanzie e tempi di realizzazione certi permettono agli operatori di investire in modo più sicuro (quello immobiliare rimane comunque un investimento ad alto rischio, anche in condizioni ottimali).

Alla base di tutto ciò, come dicevamo, vi è una normativa che, in alcuni casi, potrebbe essere soggetta a interpretazioni e la coesistenza di norme obsolete, spesso in contrasto con gli strumenti attuativi locali, ma che sono ancora in vigore, generando così contraddizioni.

Sembra assurdo, infatti, che una “ristrutturazione edilizia” preveda la demolizione integrale dell’immobile per costruirne uno ex-novo. E lasciano perplesse le situazioni dove al posto di un capannone industriale abbandonato si possa erigere poi un condominio di 10 piani, pagando peraltro meno oneri di urbanizzazione, anche se superiori a una semplice ristrutturazione, piuttosto che dichiarare una nuova edificazione a seguito di un permesso a costruire.

Però, lo diciamo chiaramente, senza volere dare l’interpretazione autentica della norma e vestirci di un’autorità che non abbiamo, se ci si mette a leggere il testo della normativa pare che dica esattamente quello. Per quanto contraddittorio possa sembrare, una ristrutturazione può prevedere la completa demolizione dell’edificio e la sua ricostruzione fuori sagoma, applicando eventuali bonus volumetrici ove previsti.

Riportiamo qui di seguito uno stralcio del Dispositivo dell’art.3 del Testo Unico Edilizia in modo che ciascuno possa trarne le proprie conclusioni: « […]Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi altresì gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversi sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, con le innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica, per l’applicazione della normativa sull’accessibilità, per l’istallazione di impianti tecnologici e per l’efficientamento energetico. L’intervento puo’ prevedere altresì, nei soli casi espressamente previsti dalla legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali, incrementi di volumetria anche per promuovere interventi di rigenerazione urbana.[…] »

Rimane il fatto che semplice “ristrutturazione edilizia” è considerato anche un intervento dove ci si limiti a rifare pavimenti, tubature e intonaci. Per cui la legge è per lo meno generosa nella sua definizione.

Certo le città devono andare avanti e convertire stabili dismessi, sia residenziali che ex industriali, piuttosto che costruire consumando nuovo suolo. La giunta Pisapia, ad esempio, aveva affrontato la questione degli edifici dismessi nell’ottica di favorirne il riuso. E sottolineamo la parola “riuso”.

Normative succesive, soprattutto di matrice regionale, ci hanno aggiunto il “carico” di bonus volumetrici (che già il comune di Milano non ha applicato secondo gli indici massimi).

In teoria, anche la normativa regionale aveva l’intenzione di favorire il recupero di aree dismesse, ma soprattuto in un’ottica più larga, sull’intero territorio regionale, dove, al di fuori di Milano, il comparto immobiliare è molto meno (diciamo) vivace e molto del patrimonio ex industriale presente in tantissime realtà rischia di marcire perennemente per i secoli a venire, dato che nessun operatore avrebbe alcun interesse a metterci mano.

Ma a Milano, dove già c’era la sua bella convenienza, una norma così ha sparigliato le carte e ci si sono buttati tutti “a pesce“.

L’amministrazione comunale non è stata in grado o non ha voluto (vedetela come vi pare) regolare in maniera adeguata questo “liberi tutti” e oggi siamo qui in balia di un futuro incerto per vicende giudiziarie intrecciate con quelle politiche, a loro volta intrecciate a quelle economiche.

Perché diciamo questo, perché secondo noi c’è stata una carenza di regolamentazione? Senza entrare nel merito della giustezza o meno della normativa e della sua applicazione, il suo prodotto urbanistico è stata la comparsa, in maniera casuale, di volumetrie importani e fuori sagoma rispetto al contesto, nei posti più disparati della città. Un disegno urbano lasciato al caso e senza progettualità, che in qualche modo andrebbe governato.

Ora il Sindaco ha deciso di prendere in mano la situazione e vedere di districare la matassa. Milano non può aspettare le decisioni di Roma, bisogna agire in fretta, ha affermato.

Infatti le parole provenienti dalla politica romana per Milano suonano, comunque, vaghe, tanto che Sala sottolinea come «non possiamo aspettare in eterno. Acceleriamo sul PGT, perché è chiaro che i tempi ormai sono veramente limitati».

L’amministrazione comunale immagina, perciò, di rivedere il Piano di Governo del Territorio (la cui discussione era comunque in agenda), anche se ancora è difficile capire come, visto che i dubbi normativi rimangono.

Prendendo spunto da questa volontà di affrontare di petto questa questione nel nuovo PGT, noi di Urbanfile vorremmo dire la nostra in merito.

Per “sanare” il passato non sappiamo cosa suggerire. Ma per il futuro, a nostro modesto parere, si dovrebbero iniziare e reintrodurre delle norme che si occupino del disegno urbano, riportandolo sotto il controllo di chi è preposto ad amministrare la città. Per esempio indicando le aree dove potere costruire in altezza (ci sono voci di corridoio a indicare che un ragionamento di questo tipo si stia già facendo) o comunque con maggiore volumetria. Queste aree dovrebbero essere quelle ad alta accessibilità, soprattutto di trasporto pubblico, e concentrazione di servizi.

Abolire i bonus volumetrici per gli edifici dismessi, dunque? O lasciarli solo per queste zone già individuate, privilegiando, quindi, alcune zone rispetto ad altre e, di conseguenza, favorendo alcuni operatori rispetto ad altri?

No, non è necessario abolire i bonus. Peraltro potrebbe non essere possibile, dato che discendono da una norma regionale, come avevamo accennato prima. Però si può fare un’altra cosa: applicare, una buona volta, in maniera estensiva la perequazione, introdotta molti PGT fa e mai pienamente applicata. Questa consente, previ accordi tra le parti, anche con il Comune o favoriti da quest’ultimo, di spostare volumetria da un ambito all’altro.

Per cui, un diritto di volumetria maturato su un edificio dismesso in una zona individuata come inadeguata ad avere alti indici di edificabilità, può essere spostato in una di quelle (auspicabilmente poche) zone dove si vuole concentrare la densità. In questo modo si può nell’ordine: non andare contro la normativa regionale, evitare che la città diventi un patchwork casuale con edifici fuori contesto che spuntano come funghi, aumentare la densità nelle zone più servite della città migliorando il funzionamento complessivo della stessa, infine migliorare (forse) l’estetica cittadina con un disegno urbano ragionato e coerente, non più casuale e disordinato.

Non pretendiamo, su un tema complesso come la normativa urbanistica, che queste nostre indicazioni possano essere veramente risolutive. Soprattutto per quanto riguarda le questioni pregresse. Ma sentivamo di voler dare comunque un contributo, condividendo le nostre visioni e le nostre speranze.

  • Referenze immaigni: Comune di Milano, Roberto Arsuffi,
  • Imprese dili, Procura, Magistratura, Urbanistica, nuove costruzioni, ristrutturazione
Per l'utilizzo delle immagini scrivere a info@dodecaedrourbano.com

30 commenti su “Milano | Urbanistica – Lo stallo dei cantieri in città: cosa ci aspetta?”

  1. Grazie mille. Bravi. Finalmente qualcuno che descrive in maniere coerente quanto succede. Speriamo che si sblocchi tutto, anche perché ci sono diversi acquirenti che non c’entrano niente in tutto ciò e invece si ritrovano coinvolti (e senza che nessuno dia loro garanzia di nulla). E si, io sono uno tra questi

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    • Sarebbe auspicabile l’approvazione di un nuovo T.U. sulle costruzioni tale da regolarizzare non solo Milano ma anche tutti quelli immobili costruiti ante 67 in difformità dai titoli edilizi.

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    • Condivido anche io, articolo scritto molto bene, senza storture e faziosità di altri giornalai (non giornalisti).
      Anche io sono mio malgrado coinvolto in una di queste operazioni immobiliari, e credo almeno nel mio caso nella buona fede del costruttore.
      Il peso della componente politica/ideologica con un certa dose di egomania ha creato una situazione paradossale quasi kafkiana a danno della città.

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    • Ciao , come ti stai muovendo in iesta situazione? Aspetti l’evolversi delle cose oppure ti sei rivolto preventivamente a qualche avvocato?
      Sono anche io un’acquirente e la situazione mi ha un poco spiazzata

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  2. Finalmente un articolo obiettivo, sufficientemente chiaro (anche ai non tecnici) e che affronta il problema della regolamentazione urbanistica di Milano che manca di particolari limitazioni, invece di inveire contro il singolo progetto ove, al massimo, l’inadeguatezza aggiuntiva al fuori scala è dovuta a committente e progettista e non certo a chi deve solo verificarne la conformità alle norme.
    Norme chiare e “giuste” sono alla base di qualsiasi società civile, se non siamo capaci di darcele non ci lamentiamo poi degli effetti! La perequazione diffusa, così come l’indifferenza funzionale a Milano ci sono dal 2012, ora se ne vedono gli effetti per l’esagerata liberalizzazione del pgt 2020 e per la marea di investimenti arrivati in città. Queste cose vanno meglio regolate e gestite.
    (unica nota: “rifare pavimenti, tubature e intonaci” si chiama manutenzione straordinaria, certo al bar la chiamano ristrutturare casa)

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  3. La procura di Milano (e la magistratura in genere) non ha mai risolto una cosa che fosse una, l’unico obiettivo che persegue è l’esaltazione del proprio ego creando reati dove non ci sono impoverendo la società.

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  4. Il comune di Milano dovrebbe affidarsi ad esperti del settore invece che improvvisare continuamente.

    E comunque figuriamoci se Salvini & Co fanno un favore a Sala.

    La vedo moooolto lunga

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  5. Mi pare un’analisi equilibrata. Ma quanto accade temo sta nelle corde di una città votata al quattrino ora e subito, dove politica e anche società civie hanno abdicato ad un progetto di medio termine di immagine, pur di lasciar correre soldi ed investimenti, con procedure da laissez faire dove il Comune, pur prendendo meno soldi del dovuto sui singoli progetti, compensava nella quantità di interventi avviati.
    Una certa forma di lombarda praticità nel fare le cose, ma con un occhio solo al soldo a breve termine sperando di attirare taxpayers, spinta che a Milano da sempre compete (sempre più spesso vincendo) con la necessità di una progettazione strategica di lunga gittata.

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  6. Grazie per l’articolo equilibrato e ragionato. Da non esperto sembra il classico caso italiano di over-legiferazione che porta all’aggiramento sistematico di norme, con tutti che chiudono gli occhi confidando nella proprio forza contrattuale, fin quando qualcuno si mette a indagare e cade il castello di carte. Abitudini che faticano a sparire col passare degli anni, anzi…

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    • Bisognava rispettare la legge vigente ovvero la legge urbanistica 3mc/mq 24 m. D’altezza e concessione edilizia.superando tali indice si doveva intervenire con piano di lottizzazione.

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  7. Il mio commento dà ragioni e torti ad entrambi. Parto dalla frase in articolo: gli oneri di urbanizzazione pagati avrebbero dovuto essere superiori. Se il comune è felice di ricevere meno entrate o vuol fare favori a qualcuno, sa che si imbatte in aspetti legali. Ma in comune sono così stupidi? Se i giudici fossero così zelanti e celeri quando i cittadini pagano per cause o depositano loro denunce, starebbero credibili. Se il comune, mai prima del sig. Sala, concede permessi edilizi in ogni angolo (unica realtà fino a oggi palese, il resto di Milano non esiste) dimenticando verde e servizi vari, è normale che c’è qualcuno che poi verifica. Ma tutti quelli che apprendono le news dei cantieri bloccati, da dove venite? Dal paese delle meraviglie? l’Italia è questa, più ora dopo la famosa Mani pulite che prima del 1990.

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  8. Uffa, vorrrei tanto che avesse vinto alle ultime elezioni comunali la sinistra, con corrredo poi di ambientalisti in giunta, anche storici, così da non avere al potere i cementificatori e gli asfaltatori, quelli che rifanno le piazze e neanche ci mettono un albero e pensano solo a costruire palazzoni.

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  9. “Rimane il fatto che semplice “ristrutturazione edilizia” è considerato anche un intervento dove ci si limiti a rifare pavimenti, tubature e intonaci.”

    No, quelli sono interventi di “manutenzione straordinaria”

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      • Occorre cancellare tutte le norme edilizie e urbanistiche. Impedire che a normare siano parlamento regioni e comuni con il risultato di sovrapporre norme contraddittorie. Tra Regi decreti, DPR, Leggi, TU, Pgt e NTA che sono tomi incomprensibili, siamo ingolfati di burocrazia che crea solo miseria economica e fa ingrassare avvocati. Le leggi devo essere poche, chiare, brevi ed emesse da un unico organismo fosse parlamento o regione ! Il resto e’ solo caos per laureati in scienze delle merendine!

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  10. Articolo semplicemente perfetto. Sono commercialista specializzato nel settore immobiliare, per cui ho affrontato quotidianamente le norme edilizie per il loro aspetto fiscale. Negli ultimi anni la legge citata è stata modificata più volte in senso estensivo, ad esempio con il fuori sagoma e l’aumento di volumetria, permettendo di considerare ristrutturazioni edilizie interventi che prima non lo erano.

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  11. Un applauso a chi ha avuto la pazienza di scrivere questo post.
    E’ una foto che spiega tante cose sulla Milano di oggi. Certo dove si potrebbe arrivare allargando l’indagine, a me fa venire la pelle d’oca. Ma bisognerebbe farlo da qualche parte soprattutto fuori da questo blog, perchè in sintesi sembra una grande, grandissima ragnatela all’italiana che uccide la città. Ma è compito di giornalisti continuare…

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  12. Bosconavigli, il progetto passato dal Consiglio del Municipio 6 nel 2018, non è lo stesso che è passato per il paprere e votato con i voti della maggioranza, mentre l’opposizione a votato contro.
    All’interno del progetto vi era la permuta di un terreno di una fondazione “Biffi” sul Naviglio, con parte del parco Ciclamini, di tutto questo non si è saputo più niente all’interno del Consiglio di Municipio 6.

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  13. Plaudo vivamente a quanto esposto dall’autore Montella sui lineamrnti che dovrebbe assumere la normativa da rivedere sugli sviluppi urbanistici a costruttivi di Milano.

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  14. La procura si è svegliata adesso,ma mi domando cosa sarebbe successo se avesse intercettato le conversazioni tra dirigenti, funzionari del comune e imprese costruttrici di queste anomale ristrutturazioni sotto inchiesta, cosa ne sarebbe uscito? Probabilmente accuse di corruzione, ricordiamoci che siamo in Italia. Per i casi bloccati,immagino finirà in interventi di compensazione, cioè le imprese con i promessi acquirenti che sborseranno soldi extra per parchi, aiuole,parcheggi,piste ciclabili in più rispetto ai progetti originari

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  15. : « […]Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi altresì gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversi sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, con le innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica, per l’applicazione della normativa sull’accessibilità, per l’istallazione di impianti tecnologici e per l’efficientamento energetico. L’intervento puo’ prevedere altresì, nei soli casi espressamente previsti dalla legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali, incrementi di volumetria anche per promuovere interventi di rigenerazione urbana.[…] »

    Mi sembra chiarissimo che le legge che postate ha dato una definizione di che non è quella comunemente intesa…

    È chiarissimo che per il paragrafo che citate ristrutturazione edilizia = distruggere e ricostruire.
    Punto.
    Ma la legge è la legge. E bisognerebbe seguire la legge e non il Devoto Oli per applicarla..
    Sennò poi diventa il kaos interpretativo.

    Ps.
    Ma quindi non ho capito che se voi proponete la perequazione volumentrica da un sito ad un altro per costruire in altezza NON avremo mai piu la riqualificazione dei vecchi scheletri edifici abbandonati.

    E verranno costruiti nuovi palazzoni altissimi su nuovo suolo tutti in altezza e tutti concentrati in quartieri dormitorio?
    Ma è un disastro per la città.

    Alla fine la legge attuale si è fatta carico di riqualificare veramente i palazzacci abbandonati vecchi permettendone la demolizione. Che è anche il modo migliore per sostituire muri e strutture datate, con disperisone energetica massima, inefficienti, inquinanti, mal fatti.
    Demolire e ricostruire è la cosa migliore per avere palazzi “sani”.

    Spostare i diritti volumetrici da zone abbandinate e non appetibili per il mercato è condannare i vecchi palazzi abbandinati all’abbandono. E con se i quartieri dove risiedono.

    Per costruire quartieri dormitorio.
    Pensateci bene.

    Alla fine com’è andata oggi ha permesso VERAMENTE di riqualificare l’edificato attuale.
    Proprio demolendo e ricostruendo.
    Che è anche la cosa migliore per un tessuto sano della città.

    Le alternative sono peggiori.

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  16. È una vergogna che a Milano, terra di famosi architetti con incarichi pubblici milionari,solo alcuni privati possano bai passare le norme urbanistiche vigenti.sjono contrario ad una norma che salvi queste anomalie evidenti

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  17. Scusate, ma che problema c’è se il Comune incassa meno oneri di Costo e di Urbanizzazione? Bastano cinque o sei autovelox qua e là e si recupera subito!

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  18. Ma la nuova Piazza Loreto? Doveva partire finalmente tutto e nuovamente si è fermato e non ne sento più parlare. Possibile che “si sia scherzato”? Abbiamo atteso fin troppo, vogliamo la nuova piazza come da progetto Nhood.

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  19. Ma in sostanza ora cosa succederà? È più probabile che continuino con il progetto di alte torri (per esempio in lepontina 8 e 13) o che facciano tutto demolire per rifare cose più conformi al regolamento (senza quindi innalzare di così tanto i nuovi palazzi rispetto ai vecchi)?

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    • In lepontina non hanno costruito nulla , grazie al cielo. È un cortile interno e non si può elevarsi più dello stabile esistente che era commerciale. Oltretutto cosa volevano costruire in un buco dove non passavano neanche i mezzi per lavorare. Non si facciano più vedere che è meglio

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  20. Buongiorno, ho letto l’articolo e ho ritenuto di commentarne il contenuto in quanto non credo sia corretta l’interpretazione della disciplina in materia edilizia.

    Gli elementi da considerare credo siano due: 1) la tipologia di titolo abilitativo e 2) gli oneri di urbanizzazione richiesti per interventi di ristrutturazione edilizia.

    È corretto affermare che il D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 – Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia – definisce gli interventi di ristrutturazione edilizia come “gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente”, compresi “gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversi sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche” (art. 3 comma d).

    Il Testo unico, tuttavia, stabilisce chiaramente all’art. 10 comma c) che “gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, nei casi in cui comportino anche modifiche della volumetria complessiva degli edifici” sono subordinati al rilascio di permesso di costruire. In questo caso, se ad esempio per il progetto “Hidden Garden” si è utilizzato come titolo abilitativo la SCIA questo, a mio giudizio, non è coerente con la normativa.

    Il secondo elemento riguarda gli oneri di urbanizzazione. Il Consiglio comunale ha stabilito con Delibera n. 28 del 17/05/2023 che gli oneri dovuti per gli interventi di ristrutturazione edilizia, nonché per quelli di demolizione e ricostruzione anche con diversa sagoma, siano quelli stabiliti per gli interventi di nuova costruzione, ridotti del 68%.
    La possibilità di una riduzione è ammessa dal Testo unico in materia edilizia all’art. 17 comma 4 bis).

    Per concludere è corretto, a mio giudizio, sollevare perplessità sul rilascio della SCIA invece del permesso di costruire come titolo abilitativo per il progetti “Hidden Garden”.
    Non credo sia, invece, corretto ritenere che non sia stata coerentemente applicata la disciplina per oneri di urbanizzazione.
    Dovrei valutare singolarmente gli altri progetti citati.

    Grazie e buona giornata.

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