Milano | 100 anni della Grande Milano, quando le periferie erano paesi: Greco Milanese

Proseguiamo il nostro viaggio in ordine alfabetico alla scoperta o riscoperta degli undici Comuni annessi nella Grande Milano esattamente 100 anni fa. Dopo aver visto AfforiBaggioChiaravalle, Crescenzago e Gorla Precotto, ecco il turno di Greco Milanese.

Questa volta vi portiamo ad esplorare i distretti odierni di Greco, Pratocentenaro, Segnano, NoLo e Loreto.

Ricordiamo velocemente la storia che ha visto, sotto la guida del Sindaco Luigi Mangiagalli, il 2 settembre 1923 in seguito al regio decreto nº 1912, la città di Milano annettere undici comuni limitrofi: Affori, Baggio, Chiaravalle Milanese, Crescenzago, Gorla-Precotto, Greco Milanese, Lambrate, Musocco, Niguarda, Trenno e Vigentino (il comune di Turro era già stato annesso a quello di Milano nel 1918).

Greco Milanese

La prime notizie dell’insediamento di Greco risalgono intorno all’anno Mille. Diverse ipotesi fanno risalire il nome Greco alla cittadina, nessuna delle quali è stata confermata. Tra queste forse la più strampalata, vede lo stanziamento di alcuni greci ai tempi di Giulio Cesare. Un’altra ipotesi tende a far derivare il toponimo dalla collocazione del borgo posto a nord-est, ovvero da dove spira il grecale, rispetto a Milano. Rimane l’etimologia più accreditata fra tutte, quella che vede il toponimo trarre origine del nome dalla famiglia Greco, vassalla del monastero di san Simpliciano ed attestata sino dal 1147 nella zona.

Il territorio, appartenente alla Pieve di Bruzzano, aveva il suo fulcro attorno alla chiesa parrocchiale di San Martino, il cui attuale edificio risale alla fine del Cinquecento dopo l’ampliamento subito ad una precedente cappella avente la stessa denominazione ma ben più antica.

L’abbondanza della risorsa idrica, costituita prevalentemente da acque sorgive, permetteva un’attività agricola rigogliosa, improntata alla produzione di ortaggi e foraggi per il bestiame.

Il borgo contadino venne costituito intorno alle proprietà della famiglia nobiliare dei Porro, la cui villa, sita a nord della chiesa, fu affrescata tra il 1520 e il 1530 da Bernardino Luini. La proprietà passò in seguito ai Borromeo-Arese e successivamente al ramo imparentato con i Litta. L’edificio venne infine demolito negli anni Settanta del Novecento.

Tra gli edifici di maggior rilievo del borgo spicca la Cort di Pures (Corte dei Pulici, nome della famiglia che la abitava), di origine cinquecentesca, sita a sud-est della parrocchiale, e sopravvissuta fino ai giorni nostri col nome di Borgo Cascina Conti (dal nome della via), oggetto di un intervento di rigenerazione urbana ultimato nel 2023.

A ridosso della stessa va ricordata la Ca’ Storta (Casa Storta), storico edificio agricolo demolito negli anni Sessanta del secolo scorso a seguito della costruzione del viadotto ferroviario che collegava Greco a Lambrate.

Greco Milanese prima di diventare periferia di Milano, era suddiviso in 4 differenti frazioni: Greco, Pratocentenaro, Segnano e Pasquee di Seveso (ma che bel nome sarebbe stato al posto dell’attuale NoLo?).

Anticamente comune autonomo di origine medievale (Greco Milanese), su volere dell’imperatrice Maria Teresa divenne frazione di Segnano nel 1753, seguendone le sorti. Nel 1863 il comune di Segnano mutò nome in Greco Milanese riunendo le quattro frazioni, con Greco come capoluogo. Nel 1902, approvando una convenzione, l’amministrazione comunale grechese cedette alle pressioni di quella milanese per una revisione di confine a favore del capoluogo, che poté così completare la costruzione della circonvallazione prevista dal piano Beruto come nuovo limite della città. Tra le aree cedute rientrarono piazzale Loreto e la zona a nord della futura stazione Centrale. Le modifiche divennero ufficializzate nella “Legge 9 giugno 1904, N. 248. – Che rettifica i confini tra i comuni di Milano e di Greco Milanese” in G.U. N.148 del 24 giugno 1904.

Assieme ad altri dieci altri comuni della periferia milanese anche Greco, che in sessant’anni dall’unità d’Italia aveva visto decuplicare la propria popolazione, passata da duemila a ventimila abitanti, fu annesso definitivamente a Milano nel 1923.

Cuore dell’odierno quartiere è piazza di Greco, fulcro anche dell’antico borgo dove si trovavano ai due estremi, la Chiesa di San Martino e il vecchio municipio (oggi scomparso). La piazza chiamata anticamente Strada della Chiesa (perché lì potava), per 25 anni fu anche chiamata via Milite Ignoto.

Purtroppo il cuore antico di Greco è stato sezionato dalle ferrovie che dagli anni Venti hanno cominciato a passare sopra le teste dei grechesi con ponti ma anche con ferrovie a raso, rendendo difficile lo sviluppo stesso dell’area. Così ora la piazza di Greco si trova effettivamente al centro di una piccola enclave racchiusa dalle ferrovie, via Comune Antico, la vecchia strada che univa Greco con Segnano e Pratocentenaro, è tagliata in due dalla linea ferroviaria a raso che da Garibaldi porta alla stazione di Greco Pirelli e Monza (un ponticello pedonale consente il passaggio).

Pasquee di Seveso, Loreto e NoLo

Pasquee di Seveso era un ampio Comune rurale appartenente alla Pieve di Bruzzano, abolito nel 1757 a seguito della sua aggregazione con Greco e Segnano con Segnanino. Dal loro accorpamento nasce il Comune di Segnano e poi quello di Greco Milanese.

Pasquee di Seveso era la frazione di Greco che confinava coi corpi santi di Porta Orientale e Nuova a sud, a est con Gorla Primo e Turro, mentre o ovest con Segnano e Pratocentenaro, oggi in parte denominata NoLo (Nord Loreto) e Cassina de Pomm.

Privo di un nucleo storico identificativo, prende il nome dalla combinazione tra pasquee, che in dialetto milanese significa pascolo, ad attestare la presenza di numerosi prati, e il fiume Seveso, che scorreva aperto ad ovest e sud-ovest, al confine con i Corpi Santi di Porta Orientale.

Erano infatti numerose le cascine e le località diffuse sul suo territorio dedicate all’allevamento del bestiame e alle coltivazioni.

Tra queste ne ricordiamo alcune già esistenti al momento della sua aggregazione, oggi purtroppo tutte scomparse: a nord-est, in prossimità del confine con Turro, la località Molinello, lungo viale Monza più o meno dove oggi si trova l’attuale fermata della M1Rovereto; a nord, presso il confine con Greco, la Belingeretta, all’angolo tra via Varanini e via Ferrante Aporti; a sud-ovest, verso il confine con i Corpi Santi di Porta Orientale, la località Ponte di Seveso con l’omonima osteria sita all’incrocio tra il torrente Seveso e la strada di collegamento con Cassina di Pomm; a sud, la Cascina Rizzarda, in prossimità della quale furono poi edificati, nella prima metà dell’Ottocento, il rondo di Loreto e I rettifili degli attuali corso Buenos Aires, viale Monza e viale Brianza.

Ricordiamo, infine, che in Pasquee di Seveso al 1757 rientrava la parte della località di Cassina di Pomm (l’altra parte era in Comune di Greco) ove risultava ubicata la villa Marino, poi Marino-De Leyva, luogo di villeggiatura della celebre famiglia dei banchieri d’origine genovese insediatisi a Milano nel XVI secolo.

Oggi nessuno, ma proprio nessuno (se non poche persone) sa cosa sia Pasquee di Seveso, perso nella memoria, sostituto dai soliti toponimi delle stazioni della metropolitana, sino alla comparsa, qualche anno fa, del controverso nome di NoLo, Nord Loreto, uno scimmiottamento di alcuni nomi dei famosi quartieri newyorkesi. Peccato.

L’area di Loreto dal 9 giugno 1904 venne ceduta a Milano di modo che potesse espandersi a nord e potesse consentire di realizzare la cerchia che diventerà la famosa circonvalla. Infatti il Comune di Greco Milanese aveva una protuberanza che scendeva fino a comprendere parte dell’odierna via Scarlatti, via Benedetto Marcello, sino all’area di via Schiapparelli e parte della Maggiolina.

A Loreto, si trovava una piccola cappella costruita nella seconda metà del 1500, luogo sussidiario di culto della parrocchia di San Babila, troppo lontana per la comunità che si era creata vicina al confine col comune di Greco. La piccola chiesetta era dedicata a Sant’Ambrogino con annesso un monastero. A partire dal 1609, secondo la volontà espressa dall’arcivescovo Carlo Borromeo quando era in vita, iniziò l’edificazione di una cappella più grande dedicata a Santa Maria di Loreto. Ma dopo qualche anno le ridotte dimensioni ne richiesero l’ampliamento che fu commissionato al già conosciuto Francesco Maria Richini (molte chiese del centro città vennero commissionate al grande architetto) da parte dell’allora cardinale Federico Borromeo. Anche il monastero fu ampliato due volte nel XVII secolo. Purtroppo, come spesso è accaduto, chiesa e monastero furono soppressi e trasformati in abitazioni civili (alla fine del XVIII secolo) per poi sparire completamente a seguito di demolizioni avvenute nel dopoguerra.

L’area del Pasquee di Seveso compresa Loreto subirono un’urbanizzazione intensa già a partire dai primi anni del Novecento, occupando ogni spazio disponibile, creando un tutt’uno tra i due comuni (Milano e Greco) prima ancora dell’unificazione del 1923.

Oggi quest’area, col nome ormai in voga di NoLo, è diventata una delle zone più interessanti dove prender casa, vivere e uscire la sera, grazie ai numerosi locali serali. I palazzi poi, quasi tutti del primo Novecento, sono molto belli. Qui si trovano due chiese, quella in stile dèco di Santa Maria Beltrade e la moderna San Gabriele Arcangelo in Mater Dei.

Naturalmente nell’area della frazione di Pasquee di Seveso si trova anche Cassina de Pomm e il “Pont del Pan Fiss”, uno degli angoli meglio conservati lungo la Martesana. Purtroppo il ponte è interdetto dopo un incidente mortale causato dal cattivo mantenimento del manufatto.

Mentre la Cassina de’ Pomm è considerata una delle cascine più antiche di Milano: il suo nome risale al XV° secolo e faceva parte di un articolato sistema di terreni destinato alla coltivazione di frutteti di mele (da cui deriva il nome della cascina) che fu voluto da Francesco Sforza. Talmente bella da essere un luogo di villeggiatura per i nobili nei secoli scorsi. Fu trasformata in albergo e ospitò personalità come Garibaldi e Napoleone. Poi divenne osteria, in seguito sede dello storico Caffè Martesana (in una porzione) e oggi della birreria La Buttiga.

Segnàno

Anche Segnàno, come Pasquee, oggi è completamente o quasi cancellato dalla memoria collettiva dei cittadini, tanto che viene considerato spesso come Bicocca perché nome più famoso, il quartiere o quel che ne resta, è letteralmente strizzato tra Greco, Pratocentenaro e Bicocca ed era composto in origine da due nuclei, il borgo principale di Segnàno, e da Segnanino (oggi più inglobato nella Bicocca stessa).

Segnàno venne nominata per la prima volta nel 1346. Il nome, pare, derivi da un soldato romano, tale Sinio, che si stanziò da queste parti. Nell’ambito della suddivisione del territorio milanese in pievi, apparteneva alla pieve di Bruzzano come la maggior parte dei paesini della zona. Nel 1751 fece registrare 179 residenti, mentre risale al 1757 il decreto dell’imperatrice Maria Teresa che inglobò il paesino con il Comune di Greco.

In età napoleonica, dal 1808 al 1816, Segnàno coi suoi 611 abitanti fu aggregata per la prima volta a Milano, ma recuperò l’autonomia con la costituzione del Regno Lombardo-Veneto. Nel 1841 fu aggregato a Segnano il comune di Precentenaro, permettendo un notevole salto di popolazione fino a 1669 anime. All’unità d’Italia nel 1861 il comune contava 2056 abitanti. Nel 1863 il comune mutò nome in Greco Milanese, dal nome della frazione che, a causa della vicinanza alla città, aveva conosciuto un maggiore sviluppo. Segnàno venne pertanto degradata a frazione.

In via Comune Antico (dedicata proprio al vecchio comune di Segnano) dove la via svolta con una curva a gomito diventando via Roberto Cozzi, al civico 3 si trova la piccola chiesetta di Sant’Antonio in Segnano.

La chiesa di San Antonino (martire e protettore di Segnano) una volta apparteneva ai monaci Benedettini di S. Simpliciano. Protetta da una cancellata, la chiesetta probabilmente di origini antiche, ha un aspetto semplice. Prende luce da sei finestre, ha un tetto a capanna e delle decorazioni ottocentesche che riproducono una decorazione ad archetti. Possiede un piccolo campanile a vela in mattoni pieni con campana posto sul retro. L’abside venne rifatta nel 1965 per permettere più spazio per la zona dell’altare.

Qui di seguito alcune immagini di Segnanino, ormai considerato Bicocca ancor più di Segnano stesso, un nucleo di poche case antiche.

Tra i pochi edifici d’epoca, spicca sicuramente la Ca’ da Nobile di Segnanino. Ormai circondato da recenti edificazioni, la situazione ambientale complessiva è stata totalmente stravolta. Allo stato attuale l’edificio (originariamente con pianta ad U) pur con integrazioni e rimaneggiamenti, conserva il corpo centrale e l’ala di ponente, mentre il corpo di levante, da tempo demolito, è stato ricostruito in veste moderna.

Pratocentenaro

Pratocentenaro (spesso indicato sulle mappe d’epoca come Precentenaro) era un Comune appartenente alla Pieve di Bruzzano, abolito nel 1841 a seguito della sua aggregazione al Comune di Segnano, poi diventato Greco Milanese nel 1863 come raccontavamo poco sopra. Anche il nome di Pratocentenaro è ormai dimenticato in favore di Ca’ Granda (guarda caso per colpa della stazione M5) o Niguarda, sempre nomi più famosi.

La dislocazione del suo borgo lo poneva tuttavia in una posizione estremamente decentrata verso nord-ovest, al confine con Niguarda, tanto che ancora oggi, anche a seguito della successiva edificazione del viale Fulvio Testi avvenuta tra gli anni Venti e Trenta del Novecento, i grechesi non lo riconoscono immediatamente come parte integrante della loro memoria storica e gli stessi abitanti di Pratocentenaro si sentono ormai più “niguardesi”.

L’etimologia della località è legata al sistema amministrativo del periodo longobardo del VI-VIII secolo d.C., quando i Centenari regolavano le “centone”, i distretti abitati da cento famiglie.

Le prime tracce storiche documentate risalgono tuttavia soltanto al 1078 in riferimento ad un possedimento di un terreno intestato al Monastero dell’Aurora quod est in Pratocentenaro.

Si trattava di un borgo rurale costituito da un agglomerato di cascine, sviluppatosi attorno alla chiesa di San Dionigi, con coltivazioni diffuse a prati marcitoi che sfruttavano le acque delle risorgive per garantire sfalci anche nelle stagioni più rigide. Protagonista della morfologia del territorio era il torrente Seveso che, provenendo da nord, pur irrigando e rendendo fertili i campi, causava piene improvvise sui terreni più prossimi alle sponde. La difficoltà di recarsi alle funzioni religiose a Niguarda per la presenza del Seveso spinse gli abitanti di Pratocentenaro a rivolgersi con reiterate suppliche all’Arcivescovo di Milano affinché dotasse il loro borgo di una vera e propria parrocchia autonoma. Fu così che il 14 aprile 1618 la chiesa di San Dionigi, d’origine medioevale, divenne parrocchiale.

Frontalmente alla stessa viene edificata, nel Settecento, la prestigiosa residenza signorile di villeggiatura di proprietà del marchese Carlo Litta.

Colpite dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, la villa e la vecchia chiesa furono poi demolite.

Con l’aggregazione al Comune di Segnano avenuta nel 1841, anche Pratocentenaro iniziò a perdere la sua vocazione agricola e ad ospitare sempre più abitanti attirati dal lavoro nelle industrie in fase di sviluppo favorite dalla nuova rete infrastrutturale ferroviaria.

Oggi Pratocentenaro è un grazioso distretto dove si trovano quartieri popolari come il Ca’ Granda e il Ca’ Granda Nord, il grande centro sportivo Scaroni, oggi in fase di riqualificazione (2023).

Il monumento più importante è senza alcun dubbio la grande Chiesa Cattolica Parrocchiale di San Dionigi in Pratocentenaro e Ss. Clemente E Guido.

La nuova chiesa sorse per volere del Cardinal Schuster, il quale, andando per la prima volta in visita pastorale all’antica chiesa di S. Dionigi nel 1934, si rese subito conto di come Pratocentenaro, nonostante mostrasse un aspetto ancora rurale, stava subendo lo sviluppo urbanistico che ormai caratterizzava la periferia milanese. La vecchia parrocchia di San Dionigi andava giusto bene per un piccolo borgo, ma non per il nuovo quartiere che andava ad urbanizzarsi. Perciò si dovette assolutamente costruire una nuova parrocchia più capiente per i nuovi e numerosi abitanti della zona.

Il progetto originario della chiesa, sostanzialmente rispettato nella costruzione, era opera dell’architetto Pietro Palumbo e prevedeva un’ampia aula di tipo basilicale, con il presbiterio sopraelevato, l’altare maggiore dotato di ciborio, e il soffitto in legno con semplici decorazioni policrome. I lavori di costruzione della chiesa iniziarono il 13 settembre 1938. L’aspetto imponente della chiesa è graziato da elementi decorativi molto fini e ben eseguiti.

Meraviglioso il soffitto ligneo a carena di nave, uno dei pochi in Milano.

Oggi queste zone che abbiamo orami raggruppato in diversi distretti, hanno ognuna la propria particolarità. Dal caotico e urbano settore di NoLo e Loreto, al tranquillo borgo di Segnàno e Pratocentenaro. Ad ogni modo quartieri ben serviti dalle metropolitane (M1 e M5) oltre che dalla stazione FS Milano Greco Pirelli.

Referenze immagini: Roberto Arsuffi, Milano sparita, Google,

Informazioni: Fondazione Carlo Perini

Fonti storiche: “Le Chiese di Milano”, Ponzoni 1929; “Milano il patrimonio dimenticato” di Roberto Schena; Wikipedia; Le Strade di Milano”, Newton Peridici 1991; Lombardia Beni Culturali

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6 commenti su “Milano | 100 anni della Grande Milano, quando le periferie erano paesi: Greco Milanese”

  1. Uno dei migliori articoli su Greco letti negli ultimi anni, con il solito errore che però non ne riduce il valore: “Cascina de Pomm” come da voi erroneamente definita, si chiama in realtà “Cascina De Pomi” e non prende il nome da alberi di melo che non sono mai stati tipici della zona, ma dalla famiglia “De Pomi”, proprietaria della scomparsa originale “Cascina De Pomi”, che si trovava dove oggi sorge la Chiesa di Santa Maria Goretti e dell’albergo con cambio cavalli tutt’ora esistente a fianco la Martesana che ne ha preso il nome.
    Spero di avere fatto cosa utile facendo questa precisazione e ancora grazie per il bell’articolo.

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  2. Questi articoli sono fantastici!
    Complimenti sinceri per lo studio e le fotografie d’epoca, davvero interessanti e li leggo con immenso piacere!
    Attendo con impazienza l’articolo su Lambrate (zona in cui abito) 🙂

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  3. Grazie per le informazioni così precise. Abitavo in Città studii e ho lavirato per anni tra Loreto, biale Monza
    . La mia mamma mi ha racckntafo tante volte di alcune variazioni avvenute a Lambrate e Greco. Grazie.

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